Paolo Bonolis: “Con Mediaset rapporto d’amore fatto anche di litigi, sul web sono di passaggio”

Paolo Bonolis: “Con Mediaset rapporto d’amore fatto anche di litigi, sul web sono di passaggio”

Tra le sorprese della quarantena c’è sicuramente la “svolta” social di Paolo Bonolis, che dopo anni di scetticismo verso internet, ha accettato la sfida. “Lo faccio per necessità, non credo di essere adatto a questa comunicazione”, racconta in un’intervista esclusiva a Fanpage.it. Parla de Il Senso della Vita, di Ciao Darwin de La Stanza del Medico e di Sanremo: “Giusto lo rifacciano Amedeo e Fiore, spero non dovremo aspettare febbraio per la ripartenza della Tv”.

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In tempi di pandemia il concetto di “bello della diretta” ha assunto una nuova declinazione, definita dalla qualità di connessione. Un concetto con cui Paolo Bonolis, dopo anni di scetticismo, sta imparando a familiarizzare. Ci proviamo anche noi, insieme al conduttore, per una chiacchierata Skype intervallata da qualche “freeze” e varie assenze di segnale simili a quelle cui ci siamo addomesticati nelle ultime settimane di televisione.

Si parla di Tv, appunto, della realtà sospesa che stiamo vivendo e dei progetti per il futuro di uno tra i volti televisivi più amati d’Italia.

Allora Bonolis, sembra che tra dirette Instagram e nuovi format web tu ci stia prendendo gusto.

Non ci sto prendendo gusto, sto vivendo la necessità di poterlo fare solo ed esclusivamente in questo modo, anche per venire incontro a una richiesta di mia moglie e della sua Sdl Tv, ma è anche un modo per rompere la monotonia di queste giornate. Io lavoro nella comunicazione televisiva, che al momento è impossibile, quindi faccio di necessità virtù.

Questo modo di comunicare favorisce anche la tua prossemica, l’essere sempre proteso verso la telecamera appartiene alla tua gestualità televisiva…

Non so se si tratti di prossemica o di una miopia dilagante, delle due l’una. Sì, in effetti l’inquadratura in primo piano domina in questo modello comunicativo in cui parli chiedendo ad altri di inviarti, pensieri e considerazioni, che però arrivano con una rapidità tale da rendere difficile vengano letti tutti, soprattutto da un presbite come me. 

Continui a credere, come hai detto in passato, che il linguaggio dei social sia limitato?

Dipende da quello che si vuole fare. Se vuoi costruire uno spettacolo, questa è una modalità troppo astringente delle possibilità di narrazione. Se si tratta invece solo di una situazione verbale, può essere veicolata tranquillamente, come radio e stampa, con in più la logica dell’immagine.

In queste settimane è partito “La Stanza del medico”, un format per il web in cui si discute di temi legati alla salute. Come è nata l’idea?

È nata da mia moglie, dal dottor Roy De Vita e Marco Salvati. È un’occasione per parlare, attraverso la medicina, di temi etici di confine. Parliamo di eutanasia, di vaccinazioni, di religiosità in funzione di scelte che possono essere prese o non prese, così come di chirurgia estetica. Io non porto soluzioni, come questa trasmissione, ma ulteriori argomenti per poter dare corpo al proprio, o ragionare in maniera differente.

Di recente hai parlato del desiderio di fare divulgazione leggera. “La Stanza del medico” si inserisce in questa idea?

No, passando attraverso la traiettoria sanitaria, in questo caso la leggerezza sarebbe fuori luogo. Quando parlo di divulgazione leggera intendo conoscenza del circostante attraverso la possibilità di essere narrato in maniera non eccessivamente accademica, ma con la leggerezza che può essere usata come lubrificante per qualunque tipo di discorso.

C’è già un progetto definito?

No, al momento è solo un desiderata, anche perché sto lavorando ad altre cose che farò quando sarà opportuno poterle realizzare. Ci sarà tempo per pensare ma diciamocela tutta, il mio tempo di vita si restringe, tra poco faccio 60 anni, non ho una volontà egotica così marcata, come avete scritto voi. Faccio questo lavoro perché mi diverto e soddisfa un’esigenza mia di stare con gli altri. Potrei stare tranquillamente senza.

Quindi immaginare che questa invasione dei social possa corrispondere all’inizio di una nuova fase della tua carriera è una percezione sbagliata?

Non è sbagliata, è una percezione legittima, ma si tratta di una circostanza. Io non credo di essere adatto alla comunicazione in questo territorio. Posso farlo, come tutti, ma è una territorio che per la mia predisposizione alla narrazione è forse troppo limitato.

Hai parlato de “La stanza del medico” come una costola de “Il Senso della Vita”, un titolo che tu sembri rincorrere all’infinito e che forse non ritornerà mai…

È una trasmissione che mi è piaciuta tantissimo. Ha avuto successo per 4 stagioni, ma si trattava di una trasmissione estremamente onerosa per la seconda serata, quindi non si è fatta più. Si potrebbe fare ancora, ma in una veste differente, perché il programma è stato saccheggiato – lo dico in senso bonario – da molti programmi Tv. Ha seminato bene, molti hanno raccolto, ma riproporla uguale apparirebbe piuttosto remota. Ma quel territorio di curiosità e interessi può essere ancora cavalcato in maniera differente.

In questa quarantena i social stanno diventando per te anche una zona franca in cui dire, fuori dai denti, quello che pensi: parli col tuo “rivale” del sabato sera Fiorello, immagini un Sanremo con Mara Venier, critichi le scelte di Mediaset. Riconosci questo ruolo di battitore libero?

Non ho mai avuto problemi a dire all’azienda con cui lavoro quando non ero d’accordo con le scelte fatte. È una cosa normalissima tra persone che si amano. Con Mediaset si discute, a volte sono d’accordo e altre no, talvolta sono carezze, in altri casi cazzotti. Ho avuto con loro scontri come li ho avuti quando ero in Rai. Io non sono un aziendalista a prescindere, devo rendere conto a un contratto, ma anche a me stesso, contratto firmato 59 anni fa.

Da personaggio di peso in Mediaset, il tuo parere ha una rilevanza. Da settimane è tornato in auge il tema sucosa debba o non debba andare in Tv. Qual è il tuo parere?

Penso sia un’occasione per molti di parlare, poter assistere a questa sorta di fiction del pensiero. Non credo esistano trasmissione così letali da disturbare l’animo della gente perché resta lo strumento del telecomando. C’è un mondo che fa, un mondo che guarda, un mondo che commenta.

Ciao Darwin ha un successo enorme anche in replica, per te è una garanzia. L’hai mai percepito come una condanna il cui stesso successo stesso ti impedisse di andare oltre e fare altro?

Darwin è forse il varietà più completo della Tv. Il successo che ha è un grande piacere, ma è un programma elefantiaco che richiede una fatica enorme, io sono solo il volto ma dietro c’è una squadra incredibile. Potrei continuare a farlo per molto tempo e non ha mai rappresentato un impedimento. Ma non è detto che lo farò per sempre: affinché Ciao Darwin possa essere, deve avere quelle caratteristiche.

Sanremo 2021 con Fiorello, Amadeus e Mara Venier è fanta Tv?

E io che ne so. Il fatto che lo rifacciano Amedeo e Fiore è molto meno “fanta” di quanto pensi, visto come è andato nel 2020. Se si dovesse presentare la possibilità di questo trio sarebbe certamente molto divertente (la domanda era riferita a una formazione che comprendesse Bonolis, ma il conduttore l’ha elegantemente evitata, ndr)

Potrebbe essere l’evento che celebri la rinascita della Tv dopo questo periodo.

E dobbiamo aspettare febbraio per ripartire? Spero accada molto prima, c’è un indotto enorme che attualmente sta a casa. Ascoltiamo le proteste della Comunità Episcopale Italiana, ma c’è anche il mondo della Tv, come altri, magari più oggettivi che soggettivi, che meriterebbero di essere ascoltati tanto quanto il cardinale di turno.


Andrea Parrella, Fanpage.it

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