MINO REITANO RIVISTO IN SALSA JAZZ IL LATO CHIC DI UNA STORIA POP

MINO REITANO RIVISTO IN SALSA JAZZ IL LATO CHIC DI UNA STORIA POP

In “Mino Legacy”, Felice Clemente suona grandi classici come “Una ragione di più”. Rilanciando un repertorio sottovalutato

All’anagrafe faceva Beniamino, ed è uno di quei casi in cui il destino è inscritto dentro un nome. Mino Reitano fu beniamino delle folle al pari di pochi altri, e ancora oggi rimane impresso il ricordo della profonda generosità, della purezza che si riverberava nella voce dall’estensione potente, così duttile da potersi misurare con ogni genere.
C’è però una parte di pubblico rimasta disorientata da alcune partecipazioni televisive, dove emergeva il lato pittoresco del personaggio lasciando in ombra il talento vero di cui poteva dar sfoggio. Poiché l’equivoco si trascina tuttora, era giusto mettere finalmente in luce la sua unicità nel campo artistico.
Mino Legacy – cofanetto contenente cd, libro e dvd – fornisce per la prima volta una visuale a 360 gradi dell’ex ragazzo di Fiumara. L’anima di questo progetto (a cura dell’etichetta indipendente Crocevia di Suoni Records) è Felice Clemente, nipote del cantante nonché raffinato jazzista: accompagnato dal suo quartetto, ha riproposto con gli stilemi del jazz alcuni brani famosi dello zio. L’obiettivo era «rinfrescare» un repertorio del passato che però, sorprendentemente, si prestava benissimo alla «manomissione» jazzistica. Strano a dirsi, evergreen della tradizione melodica quali L’uomo e la valigia, Una ragione di più, Era il tempo delle more possedevano già in partenza una carica innovativa nella composizione, dunque il Clemente Quartet non ha avuto necessità di forzature: i musicisti hanno vestito con abiti nuovi un tessuto musicale propenso, per sua stessa natura, a rifarsi un po’ il guardaroba.
Ma c’era bisogno anche di un libro, per mostrare nero su bianco l’importanza di Reitano nella storia della musica leggera italiana. Ci voleva insomma la competenza dello studioso Andrea Pedrinelli, il quale nel volume Profilo critico di Mino Reitano ha offerto un ritratto nitido del cantautore, sottolineandone gli aspetti molto positivi e non trascurando gli innegabili errori di percorso, specie quando in tv appariva esageratamente sopra le righe.
Un profilo dal quale emerge la tempra di chi a soli quattordici anni, fuggito via dalla povertà della Calabria allo scopo di costruirsi un’esistenza in Germania, trovò nel suolo teutonico terreno fertile per imporre le qualità canore. Trenta milioni di dischi venduti a ogni latitudine del mondo lasciano intendere che, dietro un apparente candore, egli fosse davvero dotato di una ferma ostinazione nel voler riscattare se stesso e la numerosa famiglia. C’era in lui la forza di riprendersi dalle grandi sconfitte, e le incomprensioni di cui è stato vittima nel tempo in fondo furono poca cosa rispetto al dolore per non aver mai conosciuto la mamma, scomparsa quando aveva due anni, e alla sofferenza nel veder morire di leucemia la sorella ventenne.
La vita però è fatta anche di rovesci della medaglia positivi, e il padre Rocco che pur nelle ristrettezze economiche iscrisse tutti i figli al Conservatorio, costruendo con abilità da manager le prime tappe del tragitto di Mino e i suoi fratelli, era stata una grande fortuna. Così come fu una benedizione avere al proprio fianco la moglie Patrizia, per un matrimonio durato oltre trent’anni all’insegna della complicità più assoluta. La madre delle sue due figlie gli è sempre rimasta accanto, pure quando fioccavano le ironie dei cosiddetti intelligenti contro una persona che, avendo come unico torto di non essere rissoso come Claudio Villa, non rispondeva a tono alle critiche, diventando così il bersaglio perfetto per il tiro a segno mediatico.
A corredo del tutto, il cofanetto si compone infine di un dvd nel quale, oltre a poter ammirare un Reitano quant’altri mai poliedrico capace di passare, all’interno di un concerto, dall’Ave Maria di Claudio Villaeseguita col violino al rockettaro Speedy Gonzales c’è un filmato in cui si rivolge ai concittadini di Fiumara, in un parlato accorato da cui trapela solo, e soltanto, la sincerità del legame inscalfibile con la sua gente.
L’eredità di Mino la legacy del titolo è grande e va molto oltre l’aneddotica dei Beatles, che ad Amburgo gli chiesero di cantare canzoni italiane, o di Sinatra il quale gli concesse con benevolenza una foto rimasta negli annali. C’era sostanza in questo emigrante cocciuto, che alla maniera di Modugno e Dorelli sognava di esprimersi a pari livello nel canto e nella recitazione, ma fu meno abile nel giocarsi le proprie carte. Ciò nonostante come artista, ma soprattutto come uomo, riuscì comunque a sbancare il tavolo.

Francesco Mattana, il Giornale

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