Delude l’atteso finale della sesta stagione. L’eccesso di suspense comincia a stancare
Undici minuti e 19 secondi di pura suspense per poi restare appesi. La scena che chiude la sesta stagione di The Walking Dead (in Italia su Fox) è studiata al dettaglio, girata con sei macchine da presa, montata con compiaciuto sadismo e rigorosamente senza finale.
Tecnicamente si chiama «cliffhanger», espediente un po’ abusato per mantenere viva la tensione tra un’annata e l’altra. La serie riposa, gli spettatori no, solo che il sistema è stato ingigantito, ripetuto, elevato al massimo grado di cinismo e stavolta ha lasciato gli appassionati vagamente schifati. L’affezione nella terra degli zombie è totale, si parla della serie più seguita, negli Usa la puntata ha incastrato 14,2 milioni di persone e sono per la maggior parte tra i 18 e i 49 anni cioè la fascia che di media ignora la tv e che The Walking Dead coccola con vanto.
Tutto bene, «cliffhanger» compresi, solo che questa volta la costruzione dell’attesa è sembrata «mancanza di rispetto». La sequenza incriminata, quella da 11 minuti e 19 secondi per l’appunto, rivela per la prima volta l’ultimo cattivo della storia, il terribile Negan: evocato puntata dopo puntata, imminente e immanente e finalmente presente con la fidata Lucille, la sua mazza ferrata. Ci sono undici persone inginocchiate davanti a lui, i protagonisti assoluti, il gruppo di sopravvissuti per cui il pubblico palpita e uno di loro sta per morire.
Stiamo in una sceneggiatura che è abituata a far fuori i più amati quindi sono tutti preparati, l’ideatore di questa perfetta macchina da soldi si è pure premurato di dire che se ne andrà «uno dei più adorati». E mentre sono tutti pronti ad accettare il peggio, a piangere davanti allo schermo, The Walking Dead abbandona il mondo sul più brutto. Conta macabra, rumore di mazzata, urlo sullo sfondo e nero. Fino a settembre.
Dovrebbe partire la curiosità, invece scatta il lamento. Troppo. Il giochino lo hanno usato a strafare e inizia a dare noia. Secondo la compagnia che analizza le reazioni emotive dei social (esiste, si chiama Canvs), al finale si associano parole come «pazzi», «insopportabile», «disgustosi», solo dal 6 per cento degli account escono speculazioni sul futuro e nel micro-gruppo c’è chi si è premurato di rallentare l’inquadratura, amplificare il suono e determinare che c’è chi grida più di altri, la fidanzata di uno degli uomini in cerchio che poi sarebbe anche la vittima nel fumetto da cui è tratto il telefilm. Chissà.
Il produttore ha chiesto «il beneficio del dubbio», solo che il pubblico si sente tradito. Si è seduto sul divano pronto a salutare un personaggio, a celebrare un rito, e si è ritrovato preso all’amo. Preso in giro da un «cliffhanger» troppo ardito. Appesi e scontenti. È ora di tornare con i piedi per terra.
La Stampa