La commedia tedesca nominata nella cinquina del miglior film straniero sarà nelle sale italiane il 2 marzo. Maren Ade è l’unica regista donna di questa edizione degli Academy Award che vanta solo il 20% di donne nelle categorie non recitative
Un padre in parrucca, denti finti e manette in tasca, un insegnante di musica tedesco con pochi studenti e un anziano cane come unica compagnia. Quando l’amico a quattro zampe lo abbandona Winfried Conradi (Peter Simonischek) parte in missione: riportare il sorriso e la leggerezza nella vita della sua unica figlia, Ines (Sandra Hüller), donna in carriera che vive per il suo lavoro di manager esperta di strategie aziendali a Bucarest. La giornata di Ines è fatta di interminabili riunioni, serate nei bar degli alberghi per intrattenere i clienti e resoconti sulle performance aziendali, quando non lavora di fatto Ines è sempre al telefono, per questo papà Winfried inventa un alter ego, si chiama Toni Erdmann e nella vita è coach e consulente. Con un’assurda parrucca in testa si presenta in tutte le situazioni di lavoro e non della figlia mettendo a soqquadro la sua fin troppo ordinata esistenza.
Ironia tedesca. Presentato in concorso al festival di Cannes, Vi presento Toni Erdmann, che ha conquistato cinque Efa (gli Oscar europei) e sarà nelle sale italiane il 2 marzo distribuito da Cinema, è una commedia dai tratti grotteschi sul rapporto padre-figlia ispirato in parte all’esperienza di vita della sua regista. La tedesca Maren Ade, 40 anni la vigilia di Natale, arrivata al suo terzo film ha imbroccato una storia che può parlare a molti. “All’inizio avevo la sensazione di aver creato un personaggio che non aveva nulla a che fare con me, poi mentre facevo ricerche e scrivevo la sceneggiatura mi sono resa conto di avere parecchie cose in comune con Ines – ha detto Maren Ade presentando a Roma il film – Fare film è un mestiere in cui l’individualità è forte, un lavoro a tempo pieno per cui come donna lavoratrice nel mondo contemporaneo ho dei punti in comune con il mio personaggio. D’altronde tutti i miei personaggi vengono nutriti dai miei pensieri e dalle mie sensazioni”.
La solitudine delle leader. E se in un primo tempo Ines reagisce male all’ingerenza del padre nella sua vita e alle sue assurde conseguenze, come quando per scherzo l’ammanetta e poi non ritrova più le chiavi, con il passare del tempo finisce per modificare la sua visione delle cose e piano piano riscopre la leggerezza di cui in passato era capace. Fino ad una decisione estrema che metterà in gioco la sua carriera e la sua esistenza. “Ines lavora in un settore dominato dagli uomini e ha di fatto interiorizzato questa realtà. Forse arriva addirittura a considerarsi come “una dei ragazzi” – spiega la regista nelle sue note di regia – Il problema è che nei momenti cruciali gli uomini non la vedono allo stesso modo. Ho intervistato un certo numero di donne che rivestono posizioni di leadership e la maggior parte di loro sostiene di essere contenta di costituire l’eccezione alla regola, malgrado la solitudine che a volte questo comporta”.
Toni Erdmann a Los Angeles in limousine e la polemica #OscarsSoMale. Il film sarà protagonista anche della serata degli Oscar, dove è candidato nella cinquina dei miglior film non in lingua inglese e dove Toni Erdmann, ha scherzato la regista, “potrebbe arrivare con la sua limousine bianca”. Maren Ade è l’unica regista donna in un’edizione degli Academy Award dove – a eccezion fatta ovviamente della categoria attoriale – la presenza femminile non supera il 20% (37 su 152 nominati). Tanto che l’Hollywood Reporter lancia una nuova campagna, dopo la polemica dello scorso anno #OscarsSoWhite (quest’anno la presenza delle minoranze etniche è molto più forte) quest’anno è tempo di #OscarsSoMale. Pochissime le presenze femminili, una produttrice, una sceneggiatrice, qualche scenografa e costumista ma praticamente nessuna regista a parte Maren Ade in una categoria che vanta un unico Oscar (nel 2010 a Kathryn Bigelow) e soltanto altre tre nomination Lina Wertmüller nel 1977 per Pasqualino Settebellezze (prima regista donna a ottenere la candidatura), Jane Campion nel 1994 per Lezioni di piano e Sofia Coppola nel 2004 per Lost in Translation.
La Repubblica