di CESARE LANZA
Scommettiamo che Michele Santoro sarà protagonista di qualche esplosivo incidente nel corso del suo ritorno in Rai? Ieri Maurizio Caverzan ha scritto tutto quanto fosse necessario su questo ritorno, a parer mio superfluo ed evitabile. Dunque non ho niente da aggiungere. Propongo solo la mia scommessa, conoscendo bene il carattere di «Michele chi? »: come tutti coloro che non si lasciano incantare dalle qualità seduttive del discusso conduttore. Basta ricordare gli sconfortanti ascolti del suo ultimo programma, Servizio pubblico, un anno fa a La7. Una volta, scorrazzando tra Rai, Mediaset e La7, sempre deliziato da munifici contrattoni, «Miguel son mi» aveva di fronte dirigenti coriacei e/o astuti, come Agostino Saccà e Mauro Masi. Stavolta potrà comodamente imporsi sul tenero Antonio Campo dall’Orto – Ortolano, Campo dal Morto… i soprannomi si sprecano, nei corridoi della Rai – e su Ilaria Dallatana, direttora di Rai 2, una gentile signora, mi dicono, che dalla tana esce solo per concedersi ai soli che ritiene degni di attenzione, cioè quelli che provengono da Magnolia, o tuttora vi lavorano. Solo Santoro, che magnolesco non è, ma un tamarrone piacione, si è fatto largo in quell’efferato snobismo. È stato un conduttore di insolito talento, ora vive nel culto di se stesso, di struggenti ricordi e di indomabili ambizioni (a domarlo certo non saranno né l’Ortolano né la snobbina che dirige la baracca di Rai 2). Scommetto un cent, che all’ennesima rottura si arriverà, da copione, per qualche geniale provocazione (politica) che si inventerà il «signor M». Sevinco, vorrei che l’indomabile accettasse un’intervista, rispondendo a domande che nessuno gli fa.
di Cesare Lanza, La Verità