Abbiamo tracciato un identikit del nuovo ministro dell’Interno. E l’abbiamo messo a confronto con quello di Matteo Salvini
È una donna, è avvocato e non ha un account Twitter. Anzi, non ha nessun profilo sui social network. Luciana Lamorgese, nuovo ministro dell’Interno del governo Conte bis, in comune con Matteo Salvini, di cui entra a prendere il posto al Viminale, non ha niente.
Le differenze tra le due figure sono molte ed evidenti. Non solo appunto per il genere ma soprattutto per il percorso di vita. E se è vero che li distanziano anche vent’anni di età e le origini, milanese lui, potentina lei, a segnare un solco tra i due è soprattutto la carriera.
E un dato: Luciana Lamorgese è un tecnico, non ha mai parlato male di nessuno (almeno pubblicamente), non ha appartenenza politica.
Luciana Lamorgese è laureata in giurisprudenza con 110 e lode, Matteo Salvini dopo essersi iscritto prima alla facoltà di Scienze Politiche poi a quella di Storia, ha abbandonato il percorso di studi prima di concluderlo. Contemporaneamente ha avviato la sua carriera politica, iscrivendosi nel 1990 alla Lega Nord di cui è diventato segretario federale battendo Bossi nel 2013.
Negli stessi anni Luciana Lamorgese è stata prefetto di Venezia dal 2010 al 2013, con il sindaco democratico Giorgio Orsoni, diventando nel 2011 «soggetto attuatore per l’espletamento di tutte le attività necessarie per l’individuazione, l’allestimento o la realizzazione e la gestione delle strutture di accoglienza nella Regione Veneto», guidata dal leghista Luca Zaia. Subito dopo è stata chiamata dall’allora ministro degli interni Angelino Alfano a ricoprire il ruolo di Capo di Gabinetto ed è qui che affronta l’emergenza sbarchi degli anni 2014-2016. Quando gli arrivi erano incessanti: 42mila nel 2013, 170mila nel 2014, 154mila nel 2015, 181mila nel 2016.
Intanto, al Nord, Matteo Salvini fonda «Noi con Salvini» e viene confermato segretario federale del partito. Per Luciana Lamorgese invece è il momento di prendere il posto di prefetto di Milano, ruolo che ha ricoperto fino all’ottobre del 2018. Quando ricopriva quella carica ha preso posizioni nette sull’accoglienza dei migranti, opponendosi alle «ordinanze anti profughi» presentate dai sindaci dei comuni lombardi guidati dalla Lega.
A distinguere il nuovo ministro dell’Interno, madre di due figli e forse è questa l’unica cosa in comune con l’ex capo del Viminale, sono anche i modi: sempre equilibrati. A rileggere alcune sue interviste passate viene voglia di tirare un sospiro di sollievo. «Il processo di integrazione è necessario per evitare fenomeni di radicalizzazioni», spiega in un’intervista dell’8 giugno 2017. «L’accoglienza dev’essere equilibrata e sostenibile e se ognuno fa la sua parte non ci sono problemi». Insomma, possiamo dire con certezza che non saranno gli slogan a farci parlare di lei ma piuttosto le sue azioni.
Alessia Arcolaci, Vanity Fair.