I conti li ha fatti una società di monitoraggio e analisi dei dati web,
Launchmetrics, che da poco ha ideato un algoritmo, il Media Impact Value, che prova a trasformare la viralità – la diffusione di contenuti tra le varie piattaforme e le interazioni tra i vari utenti – in un valore economico. L’evento
Theferragnez, grazie ai 67 milioni di interazioni dei post legati a matrimonio, avrebbe creato – secondo le loro valutazioni – un Media Impact Value di 36 milioni di dollari.
Di che si tratta? È il valore monetario attribuito a tutto cioè che il matrimonio ha generato sul web: dai post sponsorizzati dei due sposi fino agli articoli delle testate online che, indirettamente, raccontando l’evento hanno veicolato anche tutti i brand associati. O, visto dalla prospettiva delle società, è quanto può restituire in definitiva una sponsorizzazione “non tradizionale”. Uno strumento in più, spiegano dalla società, per dare all’azienda un metro di riferimento per decidere come e dove effettuare le proprie inserzioni.
La società in un post sul proprio blog fornisce qualche dettaglio in più sui marchi coinvolti. Primo fra tutti Dior, scelto dalla Ferragni per il proprio abito nuziale. Una decisione che – secondo Launchmetrics – varrebbe un Media Impact Value di 5,2 milioni di dollari grazie anche ai “post che Chiara ha dedicato al brand”, che – si spiega – “hanno ottenuto 1.6 milioni di dollari in termini di MIV, il 31% del MIV totale di Dior.”
Discorso analogo per Prada. La Ferragni ha scelto il marchio italiano per il proprio vestito della cena prenuziale. Una decisione che è valsa alla maison 1.8 milioni di Media Impact Value. Una vetrina arrivata come detto sia dall’account dell’influencer e da quella dei suoi follower, sia per il 54% dalla copertura dei media online. L’azienda cita il caso di un articolo di Harper’s Bazaar, rivista di moda molto seguita, un cui articolo molto letto avrebbe così contribuito anche al successo in rete del brand.
“Molti di voi mi hanno chiesto a chi mi sono affidata per il make-up al mio matrmonio”, ha scritto in un altro post Chiara Ferragni alcuni giorni fa. Un modo come un altro per mettere in evidenza un’altra sponsorizzazione di lusso, quella di Lancome. In questo caso, secondo il calcolo della società di rilevamento,varrebbe un Miv da 700 mila dollari.
Cifre più modeste ma comunque ragguardevoli le può vantare Alberta Ferretti, altro marchio coinvolto indirettamente, avendo vestito le damigelle della sposa, tutte vestite di rosa. Anche senza la spinta dei post della Ferragni, che non ha dedicato direttamente nessun messaggio a questo, la scelta avrebbe portato all’azienda un ritorno di 333 mila dollari in termini di MIV.
L’analisi di Launchmetrics, che si occupa solo di brand di moda, lusso e cosmetica, lascia fuori un’altra sponsorizzazione eccellente: quella fatta da Alitalia, che ha “accompagnato” gli sposi in Sicilia con un volo dedicato e da cui nei giorni scorsi è nata una polemica arrivata persino sui banchi del Parlamento, con il deputato Pd Michele Anzaldi che si era scagliato contro la decisione della società. “Come strategia di marketing l’iniziativa appare assolutamente irriguardosa rispetto al danaro pubblico investito per evitare il fallimento della compagnia aerea”, aveva detto. Forse, a prendere per buoni i numeri citati sopra, la social sponsorizzazione dei Ferragnez potrebbe non essersi rivelata un cattivo affare.
Di che si tratta? È il valore monetario attribuito a tutto cioè che il matrimonio ha generato sul web: dai post sponsorizzati dei due sposi fino agli articoli delle testate online che, indirettamente, raccontando l’evento hanno veicolato anche tutti i brand associati. O, visto dalla prospettiva delle società, è quanto può restituire in definitiva una sponsorizzazione “non tradizionale”. Uno strumento in più, spiegano dalla società, per dare all’azienda un metro di riferimento per decidere come e dove effettuare le proprie inserzioni.
La società in un post sul proprio blog fornisce qualche dettaglio in più sui marchi coinvolti. Primo fra tutti Dior, scelto dalla Ferragni per il proprio abito nuziale. Una decisione che – secondo Launchmetrics – varrebbe un Media Impact Value di 5,2 milioni di dollari grazie anche ai “post che Chiara ha dedicato al brand”, che – si spiega – “hanno ottenuto 1.6 milioni di dollari in termini di MIV, il 31% del MIV totale di Dior.”
Discorso analogo per Prada. La Ferragni ha scelto il marchio italiano per il proprio vestito della cena prenuziale. Una decisione che è valsa alla maison 1.8 milioni di Media Impact Value. Una vetrina arrivata come detto sia dall’account dell’influencer e da quella dei suoi follower, sia per il 54% dalla copertura dei media online. L’azienda cita il caso di un articolo di Harper’s Bazaar, rivista di moda molto seguita, un cui articolo molto letto avrebbe così contribuito anche al successo in rete del brand.
“Molti di voi mi hanno chiesto a chi mi sono affidata per il make-up al mio matrmonio”, ha scritto in un altro post Chiara Ferragni alcuni giorni fa. Un modo come un altro per mettere in evidenza un’altra sponsorizzazione di lusso, quella di Lancome. In questo caso, secondo il calcolo della società di rilevamento,varrebbe un Miv da 700 mila dollari.
Cifre più modeste ma comunque ragguardevoli le può vantare Alberta Ferretti, altro marchio coinvolto indirettamente, avendo vestito le damigelle della sposa, tutte vestite di rosa. Anche senza la spinta dei post della Ferragni, che non ha dedicato direttamente nessun messaggio a questo, la scelta avrebbe portato all’azienda un ritorno di 333 mila dollari in termini di MIV.