Questa volta è Spider-Man a finire dentro una ragnatela. Ma vista la cautela — maniacale e americanissima — nel tutelare il più possibile ogni aspetto del nuovo Spider-Man-Far From Home(nelle sale dal 10 luglio), la difficoltà più grande per i protagonisti di questa produzione non è stata girare le scene d’azione più spericolate e nemmeno i tanti viaggi per raggiungere i set sparsi per l’Europa (Venezia compresa), ma, piuttosto, doverne poi parlare.
Il perché, lo spiega il regista JonWatts: «Lo facciamo per rispetto degli spettatori che non vogliono rovinarsi le sorprese». Che, va detto, sono tante. Un po’ perché questo nuovo capitolo delle vicende del supereroe teen — il volto è ancora una volta quello di Tom Holland, 23 anni, lo interpreta dal 2016 — si sviluppa su diversi strati e offre ancora più letture, discostandosi sensibilmente dal filmone fatto di soli effetti speciali, per arrivare dalle parti di Matrix e delle sorelle Wachowski.
Non tutto quello che si vede è come sembra, un po’ come nella vita, spiega anche Jake Gyllenhaal, che con il suo Mysterio è al debutto nel mondo Marvel: «Il mio personaggio e Spider-Man hanno storie differenti ma devono diventare amici, unire le forze anche se nessuno dei due lo avrebbe immaginato. Viviamo in un periodo storico in cui anziché creare fazioni e separazioni nel mondo dobbiamo imparare a collaborare, anche con chi normalmente non collaboreremmo». E quando deve pensare a che superpotere vorrebbe avere, se i suoi colleghi scelgono il teletrasporto, Gyllenhaal opta per «la capacità di cambiare lo scenario politico e ambientale».
Tom Holland nella tuta rossa di Spider-Man è cresciuto e diventato famoso. «Lo farei per sempre. I veri supereroi? Sono gli insegnanti che ogni giorno fanno più del necessario. O il chirurgo che ho conosciuto: non indossa un mantello ma salva 12 vite al giorno». Il suo, di supereroe, in questo capitolo avrebbe voluto prendersi una vacanza. Scelta sciagurata — si capirà —, ma che ha portato la troupe in giro per l’Europa. Riprende il regista: «Abbiamo girato a Venezia (l’altra notte, per il lancio del film, i turisti sono stati per venti minuti con il naso all’insù per la spettacolare proiezione dell’Uomo Ragno che saltava di qua e di là in piazza San Marco) eravamo convinti che sarebbe stato il posto più complicato, invece lì è filato tutto liscio».
Alcune scene veneziane (impressionanti per quanto apocalittiche: veder crollare nella laguna campanili e palazzi e il ponte di Rialto fa male al cuore anche se è solo sullo schermo) sono state però ricostruite da zero: «È la parte più impressionante, che dà la misura di una produzione di questo genere», racconta la diva ex Disney — 57,5 milioni di follower su Instagram — Zendaya, 22 anni. È per lei che batte il cuore di Peter Parker. Ricambiato. «Sono certa che questo film possa piacere moltissimo ai giovani, anche a chi non ha seguito la saga degli Avengers (che il film spesso richiama, ndr). E tutti noi siamo diventati una famiglia».
Osservandoli, nei rari momenti in cui riescono a sfuggire alle incalzanti premure dei solerti publicist, viene pure da crederle. Samuel L. Jackson, ancora una volta nei panni di Nick Fury (lo interpreta dal 2008), rompe la liturgia: «Quando andiamo tutti a pranzo?». Ma torna serio se riflette sul bene che vince sul male. «Sembrerebbe non sia sempre così, guardandoci attorno». La trama parla anche del potere delle scelte. Lui, tornasse indietro, ne cambierebbe qualcuna: «Ci sono un paio di persone che sceglierei di non conoscere… ma, alla fine, tutto quello che ci succede contribuisce a costruire chi siamo. E, in generale, penso di essere stato fortunato».
Chiara Maffioletti, Corriere.it