La sua tragica vita ha ispirato il film “Quasi amici” (2011), uno dei più grandi successi cinematografici francesi: l’imprenditore e uomo d’affari francese Philippe Pozzo di Borgo, ricco e aristocratico tetraplegico che viveva in un grande palazzo parigino, è morto all’età di 72 anni a Marrakech, in Marocco. La notizia della scomparsa è stata data oggi per primo dal quotidiano “Le Figaro”.
Rampollo di nobile famiglia, ricco, colto, affascinante e amante delle cose belle e raffinate, Philippe Pozzo di Borgo rimase paralizzato a seguito dell’incidente di parapendio poco dopo la scomparsa della sua amatissima moglie, affetta da una rara forma tumorale. Nel libro autobiografico “Il diavolo custode” ha raccontato la lotta con il proprio corpo, e con l’idea di essere un uomo inutile, finito, e per farlo usa tutti gli strumenti possibili, dall’impegno sociale all’attaccamento ai piaceri della vita. In questa sua battaglia ha un’arma speciale: il suo badante, un immigrato algerino appena uscito di galera, che entra un giorno nella sua vita come un uragano e diventa immediatamente il suo “diavolo custode”. Il loro rapporto, lo scontro tra le loro culture, si trasforma presto in un legame di solida amicizia.
Éric Toledano e Olivier Nakache, registi di “Quasi amici”, film che ha fatto vincere all’attore Omar Sy il Prix César per il ruolo del badante dell’imprenditore, hanno espresso la loro commozione su Twitter: “Abbiamo appena appreso con grande tristezza della morte del nostro amico Philippe Pozzo di Borgo. Accettando di far adattare la sua storia ha cambiato le nostre vite e quelle di molte persone vulnerabili e fragili”.
“Quasi amici” è stato un trionfo quando è uscito nel 2011, attirando più di 19 milioni di spettatori nei cinema. Di questo film campione di incassi e fenomeno internazionale la stampa francese ha scritto: “Fa ridere fino alle lacrime e piangere di gioia”.
Amante della vita nonostante le sofferenze con cui ha dovuto convivere dopo l’incidente del 1993, Philippe Pozzo di Borgo era diventato il patrono dell’associazione “Soulager mais pas tuer”, che si batte in particolare contro l’eutanasia. Nel 2016 accettò anche di fare i testimonial di UP for Hummanness, dedicata all’integrazione professionale delle persone con disabilità.