Lady Gaga: «Ho danzato attraverso il dolore»

Lady Gaga: «Ho danzato attraverso il dolore»

In un periodo cupo, la popstar ha scoperto che c’è sempre una parte di sé che gioisce nonostante tutto. Quella rivelazione è diventata un nuovo album che parla di salute mentale e di gentilezza. Tiziano Ferro è andato a casa sua a parlare di come gli altri ci aiutino a liberarci dalla sofferenza

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È l’11 marzo 2020, a Los Angeles, e sto per incontrarla nello studio che fu di Frank Zappa e dove lei ha composto e registrato il suo ultimo album Chromatica. Flashback: è il 2007 e vivo a Manchester, Inghilterra. In radio passa un pezzo che mi fa impazzire tanto quanto il personaggio che lo canta. È Just Dance e lei è Lady Gaga. Non assomiglia a nessuna delle icone sexy famose in questi anni 2000, che spesso mettono la musica a servizio del corpo.

Gaga, nonostante l’evidente dirompenza della sua musica, nasconde il volto dietro una maschera, si traveste, usa un trucco esasperato. La sua è una dichiarazione d’intenti, libera, precisa e consapevole e io, ascoltandola e guardandola, penso che sia una bomba e che l’esplosione arriverà molto lontano. La sua forza e il suo mistero mi incuriosiscono a tal punto che vorrei conoscere il personaggio anche al di là della musica.  Ancora non so che il destino o chi per lui è in ascolto.

Torno al presente, sono agitato. Intervistato migliaia di volte, non so come si stia dall’altro lato del microfono, quando l’intervista devo condurla io. Ma ci pensa lei.

«Tiziano! Come stai?». Mi accoglie salutandomi in un italiano perfetto e stringendomi in un abbraccio fortissimo, pieno di amore e di empatia, l’ultimo che ricevo prima del lockdown che nel giro di pochi giorni stravolgerà la nostra quotidianità e i nostri progetti. E alla fine della nostra chiacchierata penserò che è stato bello riceverlo da un essere umano meraviglioso come lei. Uscirò dal nostro incontro più coraggioso, avendo ascoltato una donna e un’artista che potrebbe semplicemente esibire premi, successi, addirittura un Oscar, vinto per la colonna sonora di A Star is Born di Bradley Cooper (con Shallow). Una persona che invece usa la propria visibilità per dare voce a temi ancora scomodi e parlare della creatività e della musica per guarire dal dolore. Una realtà che anch’io conosco.

E così Lady Gaga è tornata! Chromatica è arrivato e non appena l’ho ascoltato l’ho trovato incredibile, tutto sul colore. In che modo scrivere questo album è stato terapeutico per te?
«Sai, spesso ho detto che fare musica non è terapia, perché ho sempre cercato di essere molto determinata nel creare scenari diversi con il mio lavoro. Questo a volte comporta l’uso della fantasia e non necessariamente scrivere della tua vita. In questo caso, invece, quando ho cominciato a comporre Chromatica ero in un periodo molto cupo e il mio produttore BloodPop veniva di sopra, nella cucina (lo dice in italiano, da orgogliosa italo-americana, ndr), per dirmi: coraggio, andiamo al piano di sotto a scrivere una canzone. Allora cominciavamo a scrivere. Magari avevo un’idea per un testo o mi sedevo al pianoforte e suonavo qualche accordo, cantandoci sopra. Oppure era lui ad avere un beat, un’idea per un pezzo. A me piace ascoltare subito i brani nuovi con il microfono aperto, pronta per registrare, perché le mie prime idee sono sempre le migliori. Tornando al punto della tua domanda, la verità è che il tema di questo album è “danzare attraverso il dolore”: scrivevo le canzoni e quando riascoltavo le registrazioni, il mio… “cantare”?».

Certo, il tuo «cantato»… ma sai che «danzare fino a far passare il dolore» sarebbe stata la mia prossima domanda? Adoro questo concetto e voglio saperne di più.
«Questo è esattamente il tema centrale di Chromatica, me ne sono accorta riascoltando le registrazioni. Pensavo: Dio mio, sembro così felice, piena di gioia, che celebrazione festosa. Sai, io soffro di depressione ed è difficile… mi sono resa conto che dentro di me, anche quando sento davvero di aver toccato il fondo e sono piena di tristezza, c’è ancora una parte che vuole danzare, che vuole gioire, che è così grata per tutto quello che ha. Così ho imparato a fare musica non solo per me stessa. È stato terapeutico, ma non era solo per me. Mi sono domandata: Come posso far sì che le mie storie siano di aiuto agli altri? Che cosa posso dire, e come posso dirlo, per aiutare altre persone a danzare attraverso il loro dolore?».

Nella canzone Alice dici di essere sempre alla ricerca del Paese delle meraviglie. Nel tuo pianeta Chromatica, che aspetto ha il Dio così come lo concepisci? Il mio è un Dio «simpatico», un Dio buono e divertente.
«
Sono cresciuta da italiana cattolica, quindi ho un legame con Dio. Non molto cattolico, non necessariamente cristiano, è solo il mio rapporto con qualcosa di divino, di “altro”. Probabilmente Dio è donna, chi può saperlo? O forse è un’entità asessuata, o pura energia. Per me il “Dio di Chromatica” è qualsiasi cosa in cui tu voglia credere. Quando dico che vivo su Chromatica, voglio che le persone capiscano che se vogliono venire a vivere lì con me va benissimo, siete tutti benvenuti, ma non veniteci solo per l’estetica, perché vi piace l’apparenza. Venite perché vi interessa rendere omaggio alla gentilezza, all’amore, alla perseveranza, al danzare attraverso il dolore. Altrimenti che ciascuno si crei il proprio pianeta Chromatica, chiamatelo come volete. Io credo che Dio sia gentile. E credo questo perché quando stavo davvero male pregavo molto, chiedevo a Dio di indicarmi la strada. E questo è accaduto, attraverso la mia passione, attraverso la mia musica. Nell’album c’è anche una canzone che si intitola Sine From Above, un segno dall’alto. È un duetto con una persona alla quale sono molto legata (Elton John, ndr) e la parola “segno” nel titolo non è scritta “sign”, ma “sine”, in riferimento alla forma dell’onda sonora, sinusoidale (in inglese sine wave, ndr). Tutta la musica è fatta di onde sinusoidali e questo mi ha fatto capire che potevo guarire grazie al suono, grazie alla musica, e così è stato. E quando finalmente ho finito di lavorare a questo album mi sono sentita guarita, come non accadeva da molto tempo».

Magnifico. A me sembra che Chromatica parli molto di guarigione. In 1000 Doves canti: «Non sono perfetta, ma continuerò a provarci». Secondo me non si parla abbastanza di salute mentale. Lo stress post-traumatico, la depressione, l’ansia, l’autolesionismo: lo stigma è rimosso, c’è la «grazia» in contrapposizione alla «malattia». La gente non ne parla. Che cosa vuoi dire alle persone che sono immobili, nel buio, intrappolate nella crisi dettata dallo stigma?
«Vorrei dire una volta per tutte che non c’è un “marchio”, lo stigma della malattia. La salute mentale è una realtà che riguarda tutti noi, è reale quanto lo è il nostro cuore, un braccio, un piede. Il cervello è potente, è il secondo organo del corpo per importanza dopo il cuore. 1000 Doves parla dell’avere qualcuno che crede in te, che è convinto che starai bene. Parla di gentilezza. Mi commuovo perché mi fa pensare alla mia migliore amica Bo e a quanto bene le voglio. La conosco da quando avevo cinque anni, fa parte del mio team, lavoro con lei ogni giorno e quando pensavo di non farcela più, era lei a dirmi: sì che ce la fai, tieni duro, non sarà facile, ma ce la fai! Mi ha dato quella piccola spinta che mi è servita per riprendermi. Io continuavo a dirle: sono a pezzi, sono distrutta, non posso volare. Ma lei diceva: sì che puoi volare, ma devi avere pazienza. Ho incontrato questa donna, molto famosa, che nella vita regala abbracci».

Sì, ne ho sentito parlare.
«Si chiama Amma. Sai che cosa mi ha detto? “Tempo. L’impegno sufficiente. E la grazia divina. Queste sono le cose che ti guariranno nella vita”. È difficile accettare che devi avere pazienza, che mentre stai male devi fare uno sforzo. Un’altra cosa difficile da accettare, che lei mi ha detto ed è vera, è che se anche hai tempo e ci metti l’impegno sufficiente, in assenza della grazia divina non accadrà nulla. Quindi, in sostanza lei dice che se l’universo non si allinea con le cose che vuoi e in cui credi, anche se ci metti il tempo e l’impegno sufficiente non importa. Questo significa che devi avere fede. E io ne ho avuta tanta, perché ero circondata da persone gentili che credevano in me e alla fine sono stata capace di credere in me stessa. Spero che chi legge queste parole capisca l’importanza della gentilezza, l’importanza del tendere una mano a chi soffre. E se sei tu che soffri è giusto chiedere aiuto. Non bisogna vergognarsene, ma se ti succede, magari comincia a parlare con una sola persona, della quale ti fidi veramente, e dille la verità, perché è questo che mi ha liberata davvero. E se qualcuno viene da te e ti confida un problema di salute mentale, da’ peso a quello che ti sta dicendo, non rispondere: non essere sciocco, sei pazzo a sentirti così, guarda la tua vita, è meravigliosa. Io ho una vita bellissima, ma questo non significa che non soffra più di depressione, ansia e disturbo da stress post-traumatico. Proprio qualche giorno fa ho avuto una ricaduta di evento traumatico, innescato da un programma televisivo. Mi sono trovata intrappolata in una reazione mentale potentissima, ho cominciato a non ragionare più. Quando mi succede questa cosa mi sento galleggiare senza punti di riferimento, disconnessa da tutto ciò che accade intorno a me, ma ho amici che mi dicono: non durerà per sempre, tieni duro, respira e torna con i piedi per terra. Perciò penso che la gentilezza sia la cosa più importante».

Personalmente ti ringrazio moltissimo per queste parole. Ma ora torniamo alla musica perché ho ascoltato quel fantastico nuovo singolo Rain On Me con la nostra conterranea Ariana Grande. Dimmi qualcosa di lei.
«Be’, due italiane sulla stessa canzone, che cosa c’è di meglio? Poi lei è così carina, le voglio un mondo di bene. È una ragazza che lavora davvero tanto e, come le dico sempre, ha un angelo nella voce. Ha passato momenti difficili e voleva arrivare con me a cantare di come si possa danzare attraverso il dolore e superare i traumi della vita. Le sono riconoscente per averlo fatto con me ed essersi mostrata così vulnerabile. Amo Rain On Me, il testo dice: “Scende su di me, acqua come infelicità. Sono pronta. Bagnami, pioggia. Preferirei stare all’asciutto, ma almeno sono viva”. Significa che anche se piango da tanto tempo, non devi pensare che questo possa abbattermi, perché posso sempre continuare a piangere. Posso trovarmi nelle situazioni più difficili, ma io accetto la sfida, accetto l’ostacolo, le lacrime non mi rendono meno forte. Io sono diventata più forte attraverso le mie lacrime».

Un’altra canzone che mi ha colpito nell’album è Babylon, perché mi ha fatto pensare che stiamo vivendo in una Babilonia ora, proprio adesso! Fra pettegolezzi, voci di corridoio, confusione, un momento di grandi polemiche, molto difficile per il mondo intero, ma soprattutto per l’Italia. Dunque ti chiedo per favore di aiutarmi a incoraggiare i tuoi fan italiani ad avere speranza e, come dici in Babylon, di camminare in «city style».
«Ahhhh! Babylon! (si commuove, ndr). Mi piange davvero il cuore per tutti quelli che hanno sofferto e stanno soffrendo in Italia in questo momento. E non so cosa posso dire, se non vi voglio bene, vi amo, prego per voi… Io ho dei parenti in Sicilia… Ma vi prometto che andrà tutto bene, che passerà. Siete nel mio cuore e nelle mie preghiere. Ma restiamo uniti e cerchiamo di essere gentili gli uni con gli altri. Ho amici che mi dicono sempre che quando le cose si fanno difficili, è il momento in cui Dio ci è più vicino. Auguro a tutte le persone in Italia in questo momento di sentire l’abbraccio di qualcosa di molto divino, come ali di angelo, che avvolgono lo Stivale».

Grazie davvero. Ho letto una bellissima interpretazione che hai dato dell’espressione «ti voglio bene», quando esprimi amore ma stai dicendo che auguri a qualcuno ogni bene. Ricordo che dicevi che gli italiani sono speciali, perché non dicono solo ti amo, ma ti augurano il bene. Ricordi?
«“Ti voglio bene” (in italiano, ndr). Credo che dire “ti amo” sia bello. Ma dire “voglio che tu abbia il meglio di ogni cosa” è gentilezza. Non è solo un’espressione di quello che provo per te, è come vorrei che tu stessi quando sei da solo, vorrei che tu fossi gentile con te stesso. È una di quelle cose che mi rende felice di essere una donna italoamericana. Quando sono in televisione e tutti mi guardano, mi piace dire che sono grata ai miei antenati, arrivati qui in America dall’Italia lavorando duramente per far studiare i loro figli, per dare una vita migliore ai miei genitori, che a loro volta hanno permesso a me di realizzare le mie speranze e i miei sogni. Sono molto grata di questo spirito italoamericano e di tutto quello che significa».

Entra il manager: «Guys, time to go!», ci avvisa che il tempo a nostra disposizione è finito. E lì il cerchio si chiude. Gaga mi regala la sua ultima frase in italiano: «Scusa, colpa mia, sono una chiacchierona». Be’, Lady Gaga, l’Italia ti vuole bene. E anch’io.


Vanityfair.it

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