(di Tiziano Rapanà) E si riparla di canone Rai. Tenerlo o toglierlo? E qui nemmeno il povero Amleto riuscirebbe a raccapezzarsi. E allora sì che si spodesta Shakespeare e si lascia spazio all’altro Amleto, quello disegnato da Laforgue, che sogna di scappare via dagli obblighi e che mangia ben volentieri il frutto dell’incoscienza (“Metodo, metodo, che vuoi da me?”). Il problema non è così facilmente risolvibile. La tv pubblica è il pilastro della democrazia ma a volte se ne fa uso sconsiderato, a spese dei cittadini (che giustamente tribolano, perché il portafoglio piange). Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, a “Non stop news” su Rtl 102.5 ha riflettuto sull’argomento, con un pensiero che vi riporto integralmente e che ha avuto ampio spazio su ItaliaOggi: “Continuo a rimanere convinto che, come in altri Paesi europei, anche l’Italia debba darsi l’obiettivo di avere una televisione pubblica funzionante, efficace, innovativa e che non gravi sulle tasse dei cittadini. Abbiamo proposto, nell’arco dei 4 anni che mancano alla legislatura, la progressiva riduzione e poi l’azzeramento del canone Rai”. Io non so, non ho le competenze per dire se sia giusto o sbagliato. Come il poeta posso dire ciò che non sono e ciò che non voglio. Però il ministro ha centrato il cuore della questione: di tasse ce ne sono troppe e il canone è una gabella difficile da digerire. Viva dunque i programmi Rai che fanno un buon uso della parsimonia: budget minimi e buoni ascolti (la seconda rete è esemplare nel seguire la proba via all’assennatezza). Azzerare il canone è la scelta più giusta? Davvero non lo so. Auspico una strada sempre più improntata verso programmi che costino poco e portino avanti un’idea di qualità, amica del cittadino e lontana da positure intellettuali incentrate sull’alterigia respingente.