Presentato a Londra il sesto capitolo della saga ideata dal regista inglese: “Spero che lo spettatore si senta a disagio”
Cinquanta sfumature di Alien: eccolo embrione grigiastro, polipetto che si attacca a ventosa sulla faccia, orrida bestiolina neonata e vorace, adolescente bianco e dinoccolato, fino alla versione in classico black partorita dall’estro terrificante di H.R.Giger. Ed ecco il sesto film, Alien – Covenant, presentato a Londra (stasera la premiere a Leicester Square con il cast) e disegnato dal regista che battezzò la saga nel ’79, Ridley Scott, per terrorizzare. “Sì, questo era lo scopo dichiarato: volevo il sangue”, confessa il regista.
A bordo del film ritroviamo, unico superstite del cast del capitolo quinto, Michael Fassbender in versione robotica. La nuova “Ripley” – ci provano in molte ad avvicinarsi all’eroina androgina che ha cambiato la storia della fantascienza – è Katherine Waterstone, lanciatissima co-protagonista di Animali Fantastici…, alta e dinoccolata, è empatica ma lontanissima dal carisma di Sigourney Weaver. E poi James Franco baffuto, il vice capitano Billy Cudrup, Danny McBride, e Demiàn Bichir. Un equipaggio stile arca di Noè, corretto dal punto di vista multiculturale per orientamento sessuale, tutto fatto di coppie a parte il robot e qualche migliaio di embrioni colonizzatori. Il film è ambientato dieci anni dopo Alien – Prometheus e la Covenant sta dirigendosi verso il pianeta Origae-6, sul fianco estremo della galassia, dove i coloni sperano di stabilire un nuovo avamposto per la razza umana. Il sonno a bordo viene interrotto da un’esplosione stellare che danneggia le vele di raccolta di energia, facendo molte vittime. Il vigile sintetico Walter è costretto a svegliare l’equipaggio dal sonno criogenico.
Canzone nello spazio. Complice un’interferenza radio e una canzone, un criptico messaggio tramite il quale si scopre che vicino all’astronave danneggiata c’è un pianeta abitabile, Oram, decisamente più vicino della meta originale e il neo-capitano Cudrup decide di andarlo a visitare, malgrado il parere contrario del grillo parlante Waterson – il suo personaggio si chiama Daniels. “Daniels è il tipo di persona che scopre la sua forza durante le situazioni critiche, ha doti di leadership ma non è costruita per la guerra, nessuno di noi lo è”, racconta l’attrice. Una tempesta di ioni avvolge l’atmosfera del pianeta, così parte un piccolo gruppo esplorativo sul Lander. Il pianeta è selvaggiamente bello ma con poca luce, tanta pioggia e nessun animale. Ma ovviamente c’è una presenza – vi presento il Neomorfo – che non tarda a palesarsi, innescando il conto alla rovescia delle vittime.
Guerra sintetica. In mezzo a tanti pericoli, avanza una figura incappucciata tipo cavaliere Jedi che porta in salvo l’equipaggio in missione: si scoprirà essere David in versione Robinson Crusoe, capelli lunghi e piedi nudi. David e Walter hanno la stessa bella faccia, è quella di Michael Fassbender che si ritrova nell’affascinante posizione di duettare con se stesso. Ma i due sintetici sono diversi: David era stato costruito per essere più umano – caratteristiche che si sono sviluppate ancor di più durante i dieci anni in solitudine (ok, c’era anche la povera Elizabeth Shaw – Noomi Rapace di cui si scoprirà il mistero), mentre Walter ne è l’evoluzione: meno umana, perché certe caratteristiche di David – tra cui il sarcasmo – mettevano a disagio gli umani. Quindi Walter è tecnologicamente superiore, ma ha una gamma emotiva limitata. Non si può innamorare ed è stato programmato per essere fedele all’equipaggio della Covenant, “in pratica un super maggiordomo, nato per proteggere e servire ” spiega Fassbender che chiaramente è rimasto più affascinato dalla versione David, quella ossessionata da Laurence d’Arabia.
“Malgrado alcuni membri dell’equipaggio cerchino un legame emotivo con lui, resta fedele al proprio distacco”. David invece – che incontriamo nel prologo in un flashback con il suo creatore Peter Weyland (Guy Ritchie) e un’enorme statua del David di Donatello – ha deragliato, imboccando sentieri che lo portano dalle parti del modello Nexus da combattimento di Blade Runner e persino da quelle del colonnello Kurtz di Apocalypse Now. Il confronto tra i due Fassbender è una delle cose più riuscite del film.
There will be blood. Alien-Covenant è – come promesso da Scott – pieno di sangue. Teste galleggianti, ventri e schiene squarciati dai “parti” alieni, arti mozzati, corpi carbonizzati. “Ho sempre pensato al primo Alien come a un B-movie ben riuscito: sette persone claustrofobicamente chiuse in una casa del terrore, una corsa in sottrazione a capire chi sarà la prossima vittima e chi invece sopravviverà. Spero che il film metta a disagio lo spettatore, renda secca la bocca e accelerato il battito cardiaco”.
Ma questo non basta perché “continuare a far inseguire la gente dal mostro nei corridoi è noioso, e allora ho capito che volevo esplorare le origini di Alien”. E così partono le dissertazioni filosofico-esistenziali. Il rapporto tra creatore e creatura, il concetto di razza superiore, l’essere gentile con gli altri affinché gli altri lo siano con te, colonialisticamente parlando. Convince di più l’aspetto estetico del film. La fantastica location di Milford Sound, in Nuova Zelanda con la luce soffusa, le nuvole, la pioggia battente, e i grandi set che Scott ha fatto ricostruire e che rendono più realistiche le scene. E un combattimento finale sulla superficie del vascello in volo davvero mozzafiato. Di certo l’uscita a poca distanza di Life di Espinoza (la prima mezz’ora era davvero ad alta tensione) – che riproponeva il meccanismo di Alien prima maniera – regala lungo il cammino qualche effetto di già visto.In comune anche l’incertezza del futuro.
Alien Covenant, ecco i caschi della navicella di Ridley Scott
Alien al Future. Nel futuro prossimo: il film avrà la sua anteprima italiana al Future Film Festival, all’Odeon il 7 maggio, per arrivare in sala l’11. “Una presenza perfetta – spiegano i direttori Giulietta Fara e Oscar Cosulich – per un’edizione che sotto il titolo “Character Wow ha celebrato personaggi e creature che hanno reso grande la storia del cinema. E come non pensare all’alieno creato dal surrealista svizzero H.G. Giger, che ha spaventato generazioni di spettatori da tutto il mondo?”.
La Repubblica