Nell’Italia di fine Ottocento il nuovo Stato liberale deve fare i conti con nuove e più pericolose forme di criminalità per gestire e garantire l’ordine pubblico, messo a dura prova anche dal regicidio di Re Umberto I. Il presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli sposa quindi il progetto di un giovane di talento, allievo di Cesare Lombroso, il medico Salvatore Ottolenghi, che punta a creare una nuova sezione investigativa nella Pubblica Sicurezza per studiare e prevenire i crimini. Una storia ricostruita – con il contributo di storici dell’età contemporanea, di esperti appartenenti alla Polizia e attraverso le immagini dell’Archivio storico della Polizia di Stato – dallo Speciale “Quelli della scientifica”, in onda venerdì 5 gennaio alle 22.10 su Rai Storia.
Nel 1903, a Roma, viene istituito il primo corso di Polizia Scientifica, i cui insegnamenti coniugano la rigorosa conoscenza scientifica ad una spiccata propensione nello sperimentare e nell’ideare tecniche all’avanguardia e metodologie innovative che sono ancora oggi alla base del procedimento investigativo. Tra gli allievi di Salvatore Ottolenghi ci sono Giovanni Gasti, Umberto Ellero e Giuseppe Falco. Diventeranno una squadra vincente: Ottolenghi introduce il “Cartellino Segnaletico” che cataloga le persone grazie le foto, caratteristiche fisiche e impronte. Gasti crea il “Metodo Gasti” per le impronte digitali, utilizzato fino al 1997. Ellero progetta le “gemelle Ellero” per fotografare il reo contemporaneamente di lato e di fronte. Strumenti e tecniche che hanno la consacrazione definitiva il 22 marzo 1909: un cadavere ritrovato in un baule in una stanza a Roma. Attraverso rilievi e impronte si scoprirà che l’uomo senza nome si chiama Edmondo Tarantowicz, vittima di un regolamento di conti tra spie internazionali. E, grazie agli stessi metodi, verrà risolto un caso che nel 1911 fece molto scalpore: l’omicidio della nobildonna Giulia Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, uccisa dall’amante in una stanza d’albergo, a Roma. Ma la scientifica indagò anche sull’omicidio Matteotti, nel 1924, arrivando però a conclusioni assai poco gradite al regime fascista che chiese a Ottolenghi, invano, di dichiarare errati i suoi accertamenti.