WOODY ALLEN COMPIE 80 ANNI E IL WEB IMPAZZISCE PER LUI

WOODY ALLEN COMPIE 80 ANNI E IL WEB IMPAZZISCE PER LUI

Ancora alla ricerca della sua patria, tra il cuore di Manhattan e i dolci fantasmi dell’Europa che l’ha adottato da sempre

 woody-allen-1000Woody Allen compie 80 anni e il Web impazzisce per lui. Non accenna a calare l’interesse per il regista e comico statunitense, il suo compleanno ha fatto letteralmente il giro del mondo su Internet scatenando interesse a rivedere i suoi film e a leggere le sue tante battute.
Si alzino in piedi i fan di “Casablanca” che dall’ormai lontano 1972 sovrappongono l’imbarazzo di Woody ai consigli da “duro” di Humphrey Bogart e la goffa tenerezza di Diane Keaton alla distante bellezza di Ingrid Bergman: Woody Allen è sempre quello di “Provaci ancora Sam”. Applaudano i maniaci del jazz e i nostalgici del ponte di Brooklyn che avranno nel cuore e negli occhi per sempre le magiche atmosfere di “Manhattan”: Woody è ancora pronto a raccontarla come la città dei sogni. Si rassegnino comici da cabaret e folgoranti battutisti da televisione: nessuno di loro saprà dire mai del suo primo film “era così brutto che in sette stati americani aveva sostituito la pena di morte”. E continuino a scrivere di lui i critici che paragonavano “Interiors” a “Sinfonia d’autunno” del mito Bergman e “Ombre e nebbia” ai citati capolavori dell’espressionismo tedesco: Woody Allen è ancora pronto a sorprenderli.
Oggi Woody Allen, nato Allan Stewart Königsberg e registrato all’anagrafe col nome d’arte di Heywood Allen, compie 80 anni e già si sa che il suo ultimo film, “The Irrational Man” con Joaquin Phoenix e Emma Stone, sarà il regalo di Natale per gli spettatori italiani (in sala dalla metà di dicembre) mentre un nuovo progetto (come da tradizione ancora senza titolo) è già sulla rampa di lancio con la star televisiva Parker Posey (la Vanessa di “The Good Wife”) nel ruolo della protagonista.
Come sono gli 80 anni del comico più famoso d’America dopo i Fratelli Marx, del regista quattro volte premiato all’Oscar (in tre casi per la miglior sceneggiatura e nel ’78 anche per la regia con il suo capolavoro “Io e Annie”), del clarinettista dilettante più famoso al mondo, dell’inimitabile cantore di una New York che non c’è più e di una cultura ebraica che si mette alla berlina con un cinismo e un’ironia sconosciuti al resto del pianeta? Si può immaginare che il 1 dicembre sarà per lui un giorno come gli altri, stipato di impegni e di nuove idee, perché a fermarsi e a pensare si rischia di doversi accorgere che ci si è fatti vecchi.
Da almeno 70 anni Allen gioca una partita a nascondino con se stesso e il tempo che passa: ha provato a vincere il “fanciullino” ribelle che è in lui prima facendone un’irresistibile parodia che lo ha reso popolare e gli ha fatto vincere timidezza e paura da palcoscenico; poi curandolo con intense terapie d’analisi sul lettino dello psicanalista (anche tre volte a settimana nei momenti più intensi); poi ancora scacciando la solitudine con donne belle e impegnative (tre mogli e due compagne, anche se continua ad affermare che l’unico amore della sua vita è Diane Keaton, che non lo ha mai voluto sposare); infine cercando il distacco da se stesso (dal comico al drammatico), dalla sua città (un’errabonda esistenza artistica in tutte le capitali d’Europa senza poter mai scordare Manhattan), dal pubblico (scoprendo che se gli americani lo ignoravano, gli europei erano sempre invece pronti ad applaudirlo).
E adesso quel “fanciullino” deve ancora fare i conti col tempo che passa: si nasconde sul set riducendo le apparizioni come attore al minimo indispensabile; si cerca tutti i lunedì sera al Caffè Carlyle di Manhattan quando va a suonare con gli amici della New Orleans Jazz Band e forse lì si troverà allo scoccare della mezzanotte del 1 dicembre. Più difficile che si ritrovi in compagnia della folta tribù di donne, amici, figli adottivi che ha raccolto intorno a sé rimanendo fedele, in verità, solo alla sorella Letty (sua produttrice), all’amica/amante Diane Keaton, ai manager Jack Rollins e Charles H. Joffe che dal 1958 curano i suoi interessi senza nemmeno un contratto firmato e restano gli amici più fedeli.
Non ci sarà invece il collaboratore più geniale, l’artista della luce Carlo Di Palma che ha firmato la fotografia di alcuni dei più grandi successi di Woody per più di un decennio, dal 1986 al 1997 e che lo ha lasciato nel 2004. Non verrà nemmeno Mia Farrow, la donna con cui il regista ebbe una lunga e tempestosa relazione, culminata in una dolorosa controversia giudiziaria con reciproche accuse di violenze sui figli adottati. Da lì, con il matrimonio con la giovane Soon-Yi Previn, celebrato da Massimo Cacciari al municipio di Venezia nel 1997, per il regista è cominciata una nuova vita, ma Allen non ha mai rinnegato l’importanza della storia con Mia, protagonista di ben 13 suoi film e musa tempestosa della fase più “intellettuale” della sua carriera.
A 80 anni, con un successo cominciato quando vendeva sketch a Ed Sullivan ad appena 17 anni, l’autore di “Manhattan” cosa può chiedere ancora alla sua vita? 76 volte sceneggiatore a Hollywood e in giro per il mondo, 52 volte regista di se stesso, 44 volte attore, per sei film autore della colonna sonora, Leone d’oro alla carriera nel 1995, Woody Allen (il nome lo scelse a 17 anni in onore del jazzista Woody Herman) si racconta così: “Non ho mai creduto che la bellezza fosse anche la verità, mai. Ho sempre creduto che la gente non possa sopportare troppo la realtà. Io amo vivere nel mondo di Ingmar Bergman. O in quello di Louis Armstrong. O in quello dei New York Knicks. Perché non si tratta di questo mondo”.

ANSA

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