Salvatore Marino colpisce ancora

Salvatore Marino colpisce ancora

(di Tiziano Rapanà) Allora l’arte vera non è un’utopia da smargiasso, sognatore da bar che non va oltre ad una pensata che diventa procrastinazione perpetua. Esiste l’atto che diventa sfida all’esistente, che è l’ortodossia del ripetere una serie di movimenti tutti uguali. Salvatore Marino è tornato e non è un gioco del passato, da remembrance televisivo di fine anni Ottanta, è novità che rompe il muro del già visto. Qui non c’è traccia d’amarcord. Salvatore Marino ha ripreso a rivedere le notizie del tg alla sua maniera, come nel tempo lontano del mitico D.O.C. di Renzo Arbore, per Dagospia. Non è cambiato niente ed è mutato tutto comunque, perché siamo predisposti al cambiamento. Il grammelot è maturo, la parola si sottomette alla canzonatura, l’attualità è un pretesto per irridere la cinesica oltre che le pose e il linguaggio idealtipico degli anchorman. C’è soluzione al nulla che si vede: è la scossa distruttrice che produce Marino. Il vento della banalità voleva averla vinta ma è stato gabbato da questo finto/verissimo tg. Il Dago-Tg è uno squasso, dove ognuno trova il suo punctum (tanto caro a Roland Barthes): c’è chi rimarrà colpito dal gioco di parole e chi si divertirà per la parodia pura e semplice. La novità vera si è palesata, non è il solito preludio alla sòla e al remix di idee che cela la mancanza di fantasia. L’ironia ingegnosa si è ripresa meritatamente il suo palcoscenico.

tiziano.rp@gmail.com

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