La Leonessa Valeria Golino. È l’unica attrice italiana ad aver vinto due volte la Coppa Volpi. Le altre sono Isabelle Huppert e Shirley McLaine. Sorride: «Sono in buona compagnia».
Quest’anno alla Mostra ha tre film, ma non in gara.
«Tre, non mi era mai capitato. Avendo scelto più meno coscientemente di non portare film sulle mie spalle, riesco a farne di più».
Il primo è stato Costa-Gavras sul crac della Grecia.
«Essendo mezza greca, l’ho vissuto sulla pelle della mia famiglia, che fa parte della borghesia. Il marito di mia madre è un avvocato che ha avuto meno della metà della pensione che gli spettava. Questo cambia la vita di una famiglia, e soprattutto delle persone anziane».
E della crisi politica italiana che idea s’è fatta?
«La destra-destra mi fa paura, quello tra i Cinque Stelle e il Pd mi sembra un gran pasticcio».
La presidente di giuria Lucrecia Martel contro Polanski per la vicenda giudiziaria: ma non lo sapeva prima, che era in gara?
«Ha fatto una gaffe, come presidente si è messa in una posizione imbarazzante, è stata la rezione impulsiva di una donna militante sui diritti femminili. Se ci avesse pensato, non l’avrebbe detto».
Perché ha aspettato tanto prima di fare la regista?
«Per un senso di inadeguatezza, per una sorta di auto-censura di noi donne, perché non mi ritenevo all’altezza. Non penso mai in termini uomini-donne, ma se con Euphoria ai David e ai Nastri prendo 7 e 8 nomination e non vinco nulla, e nemmeno la Rohrwacher, mentre tutti gli uomini vincono qualcosa, una domanda me la pongo. Ma credo nel talento e non nelle quote, a questa polemica non partecipo, sarebbe una sconfitta per noi donne».
Secondo film al Lido, «5 è il numero perfetto» di Igort.
«Sono la pupa del gangster, ex di Toni Servillo».
Terzo film, l’autismo per Gabriele Salvatores.
«Tema che avevo già affrontato in America, con Dustin Hoffman e Tom Cruise in Rain Man. Sono una madre inadeguata che reagisce in modo sbagliato e non riesce a avere un rapporto col figlio autistico, se ne vergogna».
Pensando al periodo Usa?
«Tom Cruise era gentile, affettuoso, mi portava regali, senza malizia: ora un orologio, ora un quadro. Dustin Hoffman mi dava le vitamine, mi consigliava sui dottori. Insomma, il Carlo Verdone americano. Ricordo tanti provini, arrivavo spesso a film che hanno fatto epoca, daGhost a Pretty Woman. I ruoli li davano ad attrici americane. Barry Levinson sul set mi disse: devi imparare a essere disciplinata. Smisi di farmi le canne».
Lina Wertmüller le disse di peggio.
«Ma sai, avevo 16 anni, figurati cosa potevo essere. Era il mio primo film. Cagna, mi urlava. Le voglio un bene dell’anima. Meno male che l’ho incontrata, sennò avrei fatto la cardiologa».
Qui c’è Chiara Ferragni.
«È un mondo a me sconosciuto, quello della influencer. Tanto di cappello a chi fa soldi sulla vacuità, ma non avendo né Instagram né Facebook, non so nemmeno come funziona ‘sto lavoro, non so cosa sia. È stato sdoganato un comportamento che fino a pochi anni fa ritenevano tutti volgare. E ora ci sembra del tutto normale».
Reciterà in greco antico per Giuseppe Gaudino.
«Ancora non sappiamo se resterà così o in napoletano.Via dell’Abbondanza è il titolo ispirato a una strada di Pompei. Un film fantasmagorico, com’è Gaudino nella vita. Si attraversano, dal ‘700, cinque epoche, Io sono una ex nobildonna con poteri magici che diventa prostituta».
E se dovesse interpretare una donna reale?
«Ho fatto la moglie di Varoufakis. Dovesse ricapitarmi, mi piacerebbe la Duse. Non perché ritenga di essere alla sua altezza. Ero vicina, uno dei progetti Usa saltati».
Nei film recupera le radici, la Grecia e Napoli.
«Il tipo di donna del Sud Europa, mi appartiene».
Perché con lei e con poche altre, per esempio Monica Bellucci, prima o poi si finisce a parlare degli amori?
«Forse perché abbiamo avuto fidanzati famosi. Ora che sto con un avvocato me lo chiedono meno. Non ha 25 anni meno di me, come scrivono. Sono tanti, ma non 25. Mi fanno queste domande forse perché non mi sono mai sposata. Mi manca non essere madre, mentre non essermi sposata non è una tappa a cui ambivo. Ma chi lo sa, magari un giorno mi sposerò per allegria, come dice una commedia di Natalia Ginzburg».