Viva Gigi Sabani/ A dieci anni dalla sua scomparsa, pubblichiamo in suo ricordo una storica intervista di Cesare Lanza

Viva Gigi Sabani/ A dieci anni dalla sua scomparsa, pubblichiamo in suo ricordo una storica intervista di Cesare Lanza

Gigi Sabani (Roma, 5 ottobre 1952 – Roma, 4 settembre 2007) è stato un personaggio cardine della tv italiana. Si è distinto in scena per la sua eclettlicità, che lo ha portato a svolgere con successo qualsiasi ruolo ipotizzabile nel mondo dello spettacolo (è stato anche un attore in un film, a dire il vero, non memorabile di Jerry Calà, “Gli inaffidabili”). Ha avuto una fulgida carriera che però, in parte, è stata bloccata dalla brutta disavventura giudiziaria del 1996. Abbiamo deciso di omaggiarlo, pubblicando un’intervista di Cesare Lanza realizzata quindici anni fa, per Il Giornale, durante un periodo fortunato per il conduttore, che viveva il grande successo di “La Sai l’ultima”, show incentrato sulle barzellette, molto in voga nella Canale 5 di quel periodo.

(di Cesare Lanza per Il Giornale dell’11 maggio del 2001) Gigi Sabani, romano, 49 anni e 23 di televisione alle spalle, è reduce da un significativo exploit nel programma delle barzellette (“La sai l’ultima?”) come conduttore, in tandem con Natalia Estrada, su Canale 5.

– Gigi Sabani, lo sa che lei è un personaggio-simbolo nello spettacolo?
“Ah, sì?”
Sì. Perché ha avuto una brutta e ingiusta avventura e l’ha superata, come nulla fosse. Il pubblico le ha detto sì. Una formidabile resurrezione.”
“Questa, in effetti, è una straordinaria consolazione. Ma per prima cosa mi lasci assaporare il risultato del sabato. Ho una influenzetta, quelle brutte di maggio, ogni puntata mi sento a rischio.”

– Com’è andata? Quando finisce?
“Sabato chiudiamo, poi ci sono due aggiuntine. Una puntata dedicata al “meglio” del programma e l’altra alle 40 belle ragazze che hanno lavorato con noi, per una volta protagoniste, pronte a raccontare la loro ultima…”

– E il risultato?
“Addirittura siamo arrivati a battere Frizzi, nell’ultima puntata. Comunque ce la giocata al livello del 24-25% di share, con un massimo del 28 e 29. Mentre ci era richiesto il 21-22%. Grande risultato, insomma.”

– E Natalia Estrada? Problemi, come sempre succede tra conduttori?
“Rapporti splendidi. E’ bella, tra le più belle in circolazione sul video. Allegra, luminosa. E sa fare la tivu, come se avesse molta più esperienza. Mi tiene per mano, è rigorosa. Io invece non seguo il copione, adoro l’improvvisazione, secondo i consigli del maestro Alfredo Cerruti.”

– Lei ha sentito mille barzellette. Ne racconti una.
“ Un ubriaco dice a una signora: ma quanto è brutta, lei, bruttissima! E la signora:
che cafone, non si rende conto che è ubriaco fradicio? E l’ubriaco: sì, ma a me domattina mi passa!”

– Carina.
“A me piacciono le battute brevi, lievi, educate.”

– Non è il trend imperversante.
“Mi dispiace. Quando ho cominciato, nel ’78, dovevo imitare una canzone di Celentano: c’era la parola “casino”, Sandra Mondaini mi ha pregato di sorvolare… Oggi qualsiasi comico dice parolacce, si tocca i genitali, fa gestacci… Penso che non siano elementi fondamentali per far ridere. Sono additivi.”

– Dica cinque nomi di grandi comici non volgari, validi in ogni epoca.
“Totò, Alberto Sordi, Walter Chiari, Beppe Grillo e Benigni. Roberto, è vero, va fuori i confini, nel linguaggio sguaiato, ma in modo originale, ammiccante…”

– E i comici in cui non si riconosce?
“ Luttazzi, i Guzzanti. Intendiamoci: mi piacciono e pago anche il biglietto, per andare a vederli. Ma non condivido la loro cattiveria pregiudiziale.”

– Panariello?
“Mi ci riconosco. E’ paradossale, mai volgare. Buona la scelta di dargli il sabato. A rischio, ma può farcela alla grande.”

– Aldo, Giovanni e Giacomo?
“Sono i capostipiti della nuova comicità. Ma io rido di più con Grillo.”

– Se un suo figlio, a vent’anni, volesse fare il comico, cosa gli consiglierebbe?
“Di non lasciarsi intrappolare dal successo e dal sistema. Evitare una eccessiva esposizione: certe ospitate, a volte, sono micidiali! Ed evitare i salotti e i locali alla moda. Come ho fatto io, a parte che non mi invitano… Ma insomma evitare di essere uno diq uei sette, otto che escono dal Gilda ed entrano al Bella Blu, si infilano in un salotto e irrompono in Verissimo, che fa tanta mondanità. Il troppo stroppia.”

– E’ vero che i comici sono tristi?
“Ho conosciuto il primo, irresistibile Lino Banfi: tanto era straordinario a far ridere, con la cadenza pugliese, tanto era malinconico nella vita privata. Un po’ è vero: anche Grillo in privato non è un grillo che salta e canta. Benigni invece è matto, come in scena.”

– E lei?
“ Come disse di sé Corrado, io sono un funzionario dello spettacolo. Molto tranquillo anche nella vita privata. Senza eccessi.”

– E le imitazioni?
“Mi ha inorgoglito Pippo Baudo, qualche giorno fa, quando ha detto che sono l’erede di Alighiero Noschese. Ma io imito senza trucco, solo con le parole, i gesti, la mimica… Se mi truccassi sarebbe più semplice. Sono affezionato alle mie imitazioni degli anni ottanta, Baudo, Celentano, Morandi, Beruschi, Pappalardo, Benigni, Grillo…”

– E ora? Chi riesce bene?
“ Beh, Andreotti visto di profilo, curvo… funziona bene. E così Berlusconi, con il sorriso larghissimo: simpatico, una volta mi incontrò e mi disse, mi deve insegnare come ha preparato l’imitazione. Sono personaggi popolarissimi, coinvolgenti.”

– E Rutelli?
“Lo sto studiando, ma non è facile. Non ha il ghigno e gli atteggiamenti scazzati di D’Alema, che so, la erre moscia di Bertinotti, un personaggio che mi piace molto. Anche Buttiglione funziona, viene giù il teatro.”

– Dopo le barzellette, cosa fa?
“Ho una bella proposta per l’estate da Canale 5, un programma che si chiamava Il Quizzone… Gagliardo, mi piace.”

– Insomma tutto a gonfie vele. Il simbolo della resurrezione.
“ Parliamone ancora un po’, se vuole. Una spina mi è rimasta.”

– Dica, sinceramente.
“ C’è il dolore personale, che mi è rimasto. Una consapevolezza che non ti abbandona più. Penso alla famosa canzone della Caselli, le parole “Si muore un po’ per poter vivere…”

– E la spina?
“La spina riguarda il mio caso, che è mio, ma potrebbe investire chiunque, come si è visto purtroppo in tanti altri casi, in questi anni… Un terribile, madornale errore giudiziario. Sono stato agli arresti domiciliari per 15 giorni, per un’accusa che fa ridere, oggi, a cose risolte, per la sua inverosimiglianza: induzione alla prostituzione. Sono stato prosciolto in modo pieno, lo Stato ha riconosciuto l’errore, archiviato subito, poi dopo tanto tempo sono stato risarcito con 25 milioni. Non c’è cifra che possa ricompensare la mortificazione, l’umiliazione, le difficoltà nella carriera. Ma c’è anche un problema, che riguarda tutti.”

– Quale?
“ Guardi, quando sto per salire sul palco in tivu… mi assale uno sgomento e reagisco alla mia maniera, con grinta, con rabbia, forza di volontà. Mi dico: non devi sbagliare. Se sbaglio, se non riesco a piacere, a far ridere o sorridere, la mia carriera si stoppa. Finisce. Tac, si chiude. E la mia colpa in fondo sarebbe solo quella di non riuscire a essere brillante. Pago un prezzo duro. E così un pilota, un medico, un giornalista, un avvocato, un operaio, una cameriera, qualsiasi lavoratore che commetta errori importanti, decisivi. Tutto pagano gli errori, gli insuccessi.”

– Ho capito.
“Il giudice no, non paga. Anche se sbaglia in modo grave, non paga. Eppure dietro un suo errore può esserci una vita spezzata. Gli errori dei giudici possono provocare amarezze infinite, segnare un’esistenza per sempre. Per cacciare me, se non faccio ridere, basta premere un telecomando. E si tratta di cose effimere.”
Quando lo saluto, ovviamente il discorso cade sulle elezioni imminenti. “Mi è sembrata una campagna confusa, con troppi veleni. Adesso l’attesa del risultato è interessante: come un giallo aggrovigliato, che infine si risolve. E comunque un desiderio ce l’ho.”

– Sentiamo.
“Parlare col futuro ministro della giustizia, semplicemente, come avrebbe il diritto di fare chiunque, e chiedergli sé e giusto che la giustizia non sia applicata nei confronti di chi deve applicarla, amministrarla, renderla credibile. Può darsi che io sbagli, ma mi piacerebbe essere persuaso… se è giusto che le cose funzionino così.”

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