«Un baby-supereroe con superpoteri in versione napoletana»: Alessandro Siani riassume così il suo nuovo film. Il giorno più bello del mondo racconta di un Dipartimento scientifico che studia i bambini speciali, verifica chi dispone di veri superpoteri e chi no: c’è chi ha doti matematiche strepitose («8.279 per 5.641 uguale 46 milioni 701 mila 839»); chi ha una memoria prodigiosa («lui conosce il codice civile di tutta Europa»); chi riesce a spostare qualunque oggetto con il potere della mente, come il figlio di Siani. Figlio non biologico, ma «ereditato»: «Nel film interpreto un napoletano squattrinato, quando arriva l’annuncio di un’eredità non va come penso: invece dei soldi eredito due bambini che stavano in un collegio svizzero, una disgrazia per me che sono già rovinato di mio… E ora come faccio?».
Ci si mette la fortuna, perché uno dei due bambini ha il superpotere della telecinesi. E qui arriva, inevitabile, lo sguardo napoletano: «Il mio è un bambino magico come nei film di Frank Capra e cosa succede a Napoli con un bambino così? Il parcheggiatore abusivo gli chiede di spostare le macchine in doppia fila, un altro lo prega di postdatare un assegno di 15 giorni…». La magica arte di arrangiarsi su cui una certa Napoli ha costruito una certa filosofia. Prodotto da Bartleby Film con Vision Distribution in associazione con Buonaluna, in sala dal 31 ottobre, nel cast anche Stefania Spampinato (arriva da Grey’s Anatomy), per Siani questo film è un cambio di traiettoria: «È un passo in più. Non è un fantasy, la definirei una magic-comedy: c’è tanta fantasia, ma anche tanta realtà che aiuta la parte di commedia». L’idea è quella di «mescolare la magia della favola, con il calore della commedia».
Riflette: «Un certo tipo di comicità non funziona più per il grande pubblico, ormai c’è anche molta attenzione alla confezione di un film: da Benvenuti al Sud in avanti la commedia è cambiata. Siamo spronati a vedere oltre… La commedia ha bisogno di raccontare quello che succede nella società. Ma ci riescono pochi film, penso a Genovese con Perfetti sconosciuti, a Ficarra e Picone con L’ora legale. Io provo a fare una cosa diversa, a far incontrare la favola e la commedia». Smentisce la definizione con cui di solito lo si ingabbia: «Io non mi sento un comico, ma un intrattenitore. Il problema di oggi è come tenere l’attenzione di persone che dopo 5 secondi guardano il cellulare: la sfida è riuscire a essere tu quello che li distrae per un’ora e mezza». Il mondo del cinema ora deve fare i conti anche con le serie tv che stanno cambiando le abitudini degli spettatori, più divano, meno sala: «Le serie tv mi danno una sensazione ipnotica: mi affascinano perché ti entrano dentro, ti fanno dimenticare quello che stai facendo, ti risucchiano tutta la notte. Io mi sono appassionato a vedere Narcos anche se non fumo nemmeno una sigaretta, ma penso che sul grande schermo la storia di Pablo Escobar non avrebbe funzionato così bene».
Il cinema però non sarà seppellito: «Le serie sono ipnotiche, ma il cinema è magia. Penso a registi come Kubrick e David Lynch, a film come Apocalypse Now e Nuovo Cinema Paradiso. Certe emozioni non finiscono in sala ma ti rimangono dentro tutta la vita. Le serie tv ti entrano nel cervello, i film nell’anima». Gli incassi non sono un’ossessione, o almeno l’ironia disinnesca l’ansia da prestazione: «Con 500 euro in sala almeno una bottiglia la possiamo stappare…». Ribalta il discorso anche se poi si finisce al punto di partenza: «L’ultimo problema di un film è l’incasso, il primo è se piace a chi va a vederlo. Vale una regola fondamentale: se la gente non va al cinema non è mai colpa del pubblico che non viene».
Siani anticipa, ma a Natale è previsto il solito affollamento di film. La sua proposta è tra il serio e il divertito: «Potremmo uscire tutti lo stesso giorno, in fasce orarie differenti, con un mini abbonamento a tre film: Siani, Checco Zalone, Ficarra e Picone. A me converrebbe, ma non so se a Zalone andrebbe bene…».
Renato Franco, Corriere.it