DIECI ANNI FA LA RIVOLUZIONE “BORIS”, CHE POTREBBE TORNARE

DIECI ANNI FA LA RIVOLUZIONE “BORIS”, CHE POTREBBE TORNARE

A Torino festa per la serie con incontri e proiezioni

L’amore dei fan per questa serie tv, il cui primo episodio andava in onda su Fox il 16 aprile 2007, è riassumibile in un tweet di pochi giorni fa: «Come fate a vivere senza citare Boris almeno una volta al giorno?». Una battuta che testimonia l’impatto che quelle tre stagioni suddivise in 42 episodi hanno avuto sulla cultura pop italiana. E anche se l’ultima puntata è andata in onda il 10 aprile 2010 e dal film che seguì sono passati sei anni, Boris non ha smesso di fare proseliti e di rinnovare lo status di cult. Tra repliche e web René Ferretti non ha mai smesso con i suoi «Dai dai dai», né Duccio di aprire tutto, Stanis La Rochelle ha continuato a cercare di non farla troppo italiana, le attrici a essere «cagne maledette», il pesciolino rosso Boris a girare nella boccia e i tre sceneggiatori de Gli occhi del cuore 2 a fare il minimo indispensabile per «portare a casa» l’ennesimo insulso episodio.
La festa
Ad aiutarci a capire che cosa è stato Boris per la tv italiana ci pensa Steve Della Casa, il direttore del Sottodiciotto Film Festival, che martedì 4 aprile gli dedica una festa a Torino, con tanto di proiezioni e lezione all’università: «Ha distrutto i cliché della fiction tradizionale italiana, annientandone i luoghi comuni. Senza Boris non avremmo avuto sulla Rai cose come Tutti pazzi per amore o È arrivata la felicità. È avanguardia diventata cultura dominante, ha avuto lo stesso impatto che il Futurismo ebbe sulla comunicazione degli Anni 20». Peccato dunque essersi fermati a tre stagioni: «Credo che avessero paura loro stessi di restare prigionieri del cliché – osserva Della Casa -, ma sono fiducioso: la quarta stagione si farà, ci scommetterei. E chissà che non lo annuncino proprio a Torino. Dovreste vedere quante richieste abbiamo per gli appuntamenti dedicati a Boris». Da chi? «È un pubblico che va dai 20 ai 40 anni. Mio figlio e i suoi amici, che hanno 25 anni, sono grandi fan. E 10 anni fa la tv non la guardavano».
Libertà creativa che piace
Ed è con sorpresa che Luca Vendruscolo e Mattia Torre, due degli sceneggiatori-registi-showrunner (il terzo è Giacomo Ciarrapico) accolgono l’ensusiasmo che si rinnova: «Crediamo che sia meravigliosa la longevità di Boris. Noi stessi ci interroghiamo sul fenomeno – continua Vendruscolo -, io credo che sia merito della libertà creativa che avemmo. All’inizio pensavamo che avrebbe conquistato solo chi conosceva il nostro mondo, e invece è piaciuto a tutti, ognuno ha riconosciuto nel suo posto di lavoro quelle stesse figure che noi raccontavamo. Ciascuno ha i suoi Biascica, dottor Cane e Lopez».
“Un prodotto artigianale”
C’era poi un altro importante punto di forza, secondo i suoi autori: «Non era un prodotto industriale ma artigianale, nato dalla forte intesa tra noi tre». Ed è proprio nella sua artigianalità la motivazione dello stop alla terza stagione, secondo Torre: «Non c’era per Boris una struttura industriale fatta di scrittori che si alternano nella sceneggiatura, facevamo tutto noi. Dopo 42 episodi e un film era arrivato il momento per noi di fare altro». Qualche traccia di rammarico si intravede nelle parole di Vendruscolo: «Forse quando ci siamo fermati abbiamo pensato troppo alla dimensione autoriale e poco al pubblico. Finché una serie fa ridere, forse si deve andare avanti».
Ci sarà la quarta stagione?
E René Ferretti e compagni ridere lo facevano, tanto. Ed ecco, allora, la domanda delle domande: ci sarà la quarta stagione? «Non lo escludiamo», è la risposta di Torre. Vendruscolo: «Dovremmo riuscire a incastrare i progetti che ciascuno di noi ha. Noi e il cast ne saremmo contenti, dovremmo discuterne anche con il produttore Lorenzo Mieli. Chissà che non se ne possa parlare a Torino».

Roberto Pavanello, La Stampa

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