Per quasi cinque ore di show l’attrice ha dimostrato di essere una grande donna di spettacolo, dosando bene tempi e parole. Ha presentato i Big in gara, come di solito spetta ai conduttori o alle «vallette», ma con i cantanti si è anche confrontata. Da Michele Bravi a Iva Zanicchi, fino al momento finale in cui ha parlato di unicità e dell’«atto più rivoluzionario»: ascoltare
Diciamolo subito: ne è valsa la pena. Di aspettare a notte fonda il monologo di Drusilla Foer, l’attrice nata dalla mente di Gianluca Gori, co-conduttrice della terza serata di Sanremo 2022. Non che durante la serata Drusilla non si fosse fatta notare. Per le quasi cinque ore di show l’artista ha dimostrato di essere una grande donna di spettacolo, dosando bene tempi e parole. Ha presentato i Big in gara, come di solito spetta ai conduttori o alle «vallette», ma con i cantanti ha anche scherzato. Così come con i membri dell’orchestra, il pubblico. Con tutti, insomma.
Restano memorabili due momenti. Il dialogo con Michele Bravi, che le ha detto: «Sono felicissimo che tu sia qui, la tua presenza racconta proprio la meritocrazia. Che bello», ha fatto sapere Michele. E lei ha risposto grata, con un filo di commozione. E poi la stoccata, precisa e senza alcuna sbavatura, a una mal riuscita battuta di Iva Zanicchi. Con la cantante che le dice «quanto sei alta», Drusilla che risponde «parecchio più di te» e Zanicchi che insiste: «…ma hai anche altre cose più di me». A quel punto Drusilla decide di troncare con grande eleganza: «Sono colta».
Infine, passata l’una e mezza, Drusilla si è presa il palco, ancora una volta. Per un monologo e una canzone. «Di cantare mi ha fatto passare la voglia, potrei parlare», ha esordito, «ci sono tanti temi che affollano la mia mente, ma a quest’ora non posso ammorbare il pubblico. “Eccola Drusilla che parla di integrazione, di fluidità, di diversità”, ma “diversità” è una parola che non mi piace. Quando la verbalizzo sento sempre che tradisco quello che penso. Credo che le parole siano come diamanti, quando non funzionano più vanno cambiate subito. Ho cercato un termine per sostituire questa parola e ne ho trovata una che mi convince: unicità. Unicità mi piace, piace a tutti, perché tutti noi sappiano notare l’unicità dell’altro e tutti noi pensiamo di essere unici. Ma non è per niente facile. Per capirlo, dobbiamo comprendere di cos’è fatta la nostra unicità, di cosa siamo fatti noi. I valori, le convinzioni, i talenti, però i talenti vanno allenati, seguiti, delle convinzioni bisogna avere le proprie responsabilità…».
«E poi ci sono i dolori, le paure che vanno esorcizzate, le fragilità che vanno accudite, non è affatto facile entrare in contatto con la propria unicità, si tratta di un lavoro pazzesco. Come si fa a tenere insieme tutte queste cose? Io un modo l’avrei: si prendono per mano tutte le cose che ci abitano e si portano in alto, quelle brutte e quelle belle, si sollevano insieme a noi, alla luce del sole, e gridiamo “che bellezza, tutte queste cose sono io”. Sarà una figata pazzesca. E sarà bellissimo abbracciare la nostra unicità, e a quel punto credo che sarà anche più probabile aprirsi all’unicità dell’altro e allontanarci da questo stato di conflitto che ci separa».
Infine, un invito: «Io sono già una persona molto fortunata a essere qui, ma date un senso alla mia presenza su questo palco e tentiamo insieme l’atto rivoluzionario, il più grande, che è l’ascolto. Ascoltate voi stessi, gli altri, le nostre unicità. Accogliamo il tutto, anche solo per essere certi che le nostre convinzioni non siano solo delle convinzioni. Facciamo scorrere i pensieri in libertà, i sentimenti, e liberiamoci dalla prigionia dell’immoralità».
«Immaginate se il mondo non rotasse, se tutto il mondo fosse buio pesto», e qui Drusilla inizia a cantare, Guerra. Applausi. Tanti.
«Non si può non amare Drusilla Foer», dice Amadeus. E siamo tutti d’accordo.
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