E’ stato presentato a Milano ‘Fratelli. Una famiglia italiana’, il libro scritto da Santo Versace. Un libro, ha detto l’imprenditore, per chiudere la tragedia di Miami. Noi l’abbiamo incontrato.
A 25 anni dalla tragica morte del fratello, assassinato il 15 luglio del 1997 davanti alla sua villa di Miami, Santo Versace ha deciso di scrivere un libro. Un’autobiografia che è una sorta di catarsi, un punto di partenza per una nuova vita. Grazie alla moglie Francesca, ci spiega in un’intervista prima della presentazione ufficiale a Milano alla libreria Rizzoli, è riuscito a liberarsi dai pesi del passato
Del resto quello di Versace è un cognome importante. Un cognome legato a un’azienda familiare protagonista del mondo del lusso tra la metà degli anni ’70 e la fine degli anni ‘90, un cognome legato a un uomo, un genio della moda, che ha reso sensuali ed eleganti le donne, femminilissime. Un uomo che ha inventato quelle top model osannate dalla massa. Un uomo che in tempi non sospetti ha avuto il coraggio di dichiarare la propria omosessualità, omosessualità poi al centro delle polemiche legate alla celebrazione del suo funerale nel Duomo di Milano. Funerale a cui parteciparano, nel caldo opprimente dell’estate milanese, le più importanti personalità di allora. Tra loro, al braccio di Elton John anche la principessa Diana, che dopo pochi mesi sarebbe tragicamente morta in un incidente d’auto.
Ritornando al 15 luglio del 1997. In che modo è venuto a sapere della morte di suo fratello?
Eravamo a Roma per l’evento Trinità dei Monti. Donatella stava seguendo le modelle, io stavo parlando con Beppe Modenese quando arrivò Peppone Della Schiava che allora era Presidente della Camera della Moda pro tempore e, piangendo, mi disse: “E’ morto Gianni. E’ morto Gianni.” La mia risposta la appresi più tardi da Beppe Modenese. Dissi: “Gianni non è morto, Gianni è immortale!”. E i fatti, a 25 anni di distanza, lo dimostrano.
Questo libro è una grande storia d’amore nei confronti di suo fratello, ma anche nei confronti della sua famiglia.
Sì! Di tutta la mia famiglia, anche di mia moglie perché in effetti se c’è questo libro è molto merito di mia moglie che mi ha liberato completamente da tutti i pesi che avevo addosso. Perciò sì, è un libro dedicato a mio fratello ma anche a tutta la ma famiglia, ai miei figli e ai miei nipoti.
Tutto è iniziato da una sartoria, da una mamma un po’ visionaria.
Mia madre era straordinaria perché non era solo una sarta, era creativa e aveva un grande talento. Siamo stati molto fortunati, abbiamo avuto due genitori straordinari che ci hanno dato un importante esempio con il loro lavoro continuo, erano impegnati sempre sul lavoro ma anche verso il prossimo. Creatività sia da parte di mio padre che da parte di mia madre, la creatività vera e applicata alle donne. Tagliava e cuciva magistralmente e aveva un occhio verso il futuro. Da lei arrivavano tutte le più belle donne di Reggio, di Messina, insomma di mezza Calabria. Quando cercavano qualcosa di veramente innovativo e bello andavano da lei.
Donatella e Gianni rappresentavano la parte creativa, lei invece si occupava di tutto quello che non appariva, insomma il lavoro duro.
Io e Gianni siamo sempre stati la metà della stessa mela, le facce della stessa medaglia. Donatella era sempre accanto a Gianni, viveva nel mondo di Gianni, nel mondo della creatività, delle sfilate, delle campagne fotografiche. Io mi occupavo di tutta l’altra parte: della costruzione dell’azienda della parte industriale, della parte commerciale, della parte finanziaria. Quindi erano due mondi ben divisi: uno guidato da me, uno guidato da Gianni con accanto Donatella.
E’ vero che per quattro anni dopo la morte di suo fratello ha dormito nel suo letto?
Sì, è vero! Ma non sempre. Nei fine settimana quando non ero in giro per lavoro o avevo impegni andavo sempre a Moltrasio nella nostra villa sul lago di Como e lì dormivo nel letto di Gianni. Questo dall’agosto del ‘97 fino all’ottobre del 2001. Probabilmente lo cercavo, tentavo di comunicare con lui.
Che cosa le manca di più di lui?
Mi manca il suo sorriso, i suoi abbracci, il suo affetto, la sua gioia di vivere. Gianni era un eterno bambino.
Se fosse ancora qui le cose sarebbero diverse?
Basta riflettere su una cosa. Io l’11 luglio del 1997, 4 giorni prima che morisse, ho firmato la quotazione dell’azienda che sarebbe nata dalla fusione con Gucci, cioè Versace e Gucci insieme con Gianni Versace per Versace e Tom Ford per Gucci, con Santo Versace per Gianni Versace e Domenico De Sole per Gucci, tutti insieme nella stessa azienda. Avremmo cambiato la storia della moda, perché in Italia ci sarebbe stato un gruppo fortissimo con due creativi straordinari che già erano leader. Inoltre quella fusione non sarebbe stata un punto d’arrivo, ma un punto di partenza per aggregare poi altri marchi italiani e fare un polo italiano straordinario e fortissimo.
Ora si occupa di altro, di cinema e di una Fondazione insieme a sua moglie.
Sì, adesso ci occupiamo sia di cinema con Minerva che della Fondazione Santo Versace. La Fondazione nasce anche dal desiderio di proiettarci nel futuro, dato che io e Francesca non abbiamo avuto figli abbiamo scelto di avere un figlio straordinario che è questa Fondazione. Una Fondazione che vuole aiutare i fragili, che vuole stargli accanto. Abbiamo progetti nostri, progetti con altre fondazioni virtuose e faremo tutto il nostro meglio per aiutare il prossimo. Con questa Fondazione vogliamo proiettarci verso il futuro, cioè andare oltre di noi.