La giornalista dimettendosi si è comportata seriamente
Milena Gabanelli, lo scorso 9 giugno, ha compiuto 63 anni. E in Rai ha condotto ininterrottamente le trasmissioni Professione Reporter e, successivamente, Report, per 23 anni. Il 28 novembre 2016 ha salutato i telespettatori annunciando l’addio al programma, poiché riteneva concluso il suo ciclo.
E si è messa, volontariamente, a disposizione dell’azienda Rai. Gabanelli è di sicuro giornalista di razza. Ma si è sempre mossa con molta autonomia nel paludato mondo del servizio pubblico, di fatto usando molti free lance per confezionare le inchieste di Report, una sorta di prodotto «chiavi in mano» consegnato alla Rai.
A Gabanelli era stata proposta la condirezione di Rai news, col compito di coordinare una redazione di 45 giornalisti (giornalisti Rai che, alla fine del mese, lo stipendio lo prendono comunque, non certo degli audaci free lance disposti a tutto) che avrebbero dovuto potenziare il sito Internet. La proposta non è piaciuta alla giornalista. Avrebbe infatti chiesto, primo, di avere la responsabilità piena del servizio (non la vicedirezione, dunque) e, secondo, di poter avere il contatto diretto con tutti i 1.600 giornalisti Rai, che avrebbero dovuto fornire al sito di Rai news, in anteprima, tutte le notizie prodotte per le varie testate giornalistiche Rai per le quali essi lavorano. L’azienda ha detto di no. E ha detto di no anche se con 45 redattori specificamente addetti al servizio (sette giorni su sette; con i turni, un’inezia) e con i direttori dei tg che non sono disposti a scucire in anticipo i loro video a Rai news che è un media istantaneo, chiunque fosse stato messo a capo di questo servizio non sarebbe andato lontano. E infatti Rai news, sinora, in pratica non esiste e si è fatta bagnare il naso anche da emittenti con ben minori mezzi e, soprattutto, non regge assolutamente il confronto con gli analoghi canali delle principali tv pubbliche del Vecchio continente.
Gabanelli ha allora proposto una striscia quotidiana di quattro minuti, in coda al tg serale, in cui avrebbe commentato un fatto utilizzando i numeri, per non mandare sprecato il lavoro sul «data journalism» seguito negli ultimi nove mesi. Questa proposta è piuttosto stravagante. La Rai, qui comprensibilmente, ha ancora detto di no: la fascia oraria dopo il tg serale infatti è la più strategica per qualsiasi canale televisivo. Non a caso si chiama access prime time, e lì si scontrano tutti, per attirare gli ascolti, in un momento di massimo investimento pubblicitario.
È anche vero che la Rai (la stessa che ha rovesciato milioni su Fazio che, sul piano dell’innovazione, vale zero; l’unica sua sola novità è una grossa scrivania acquario) non è stata in grado di offrire alla Gabanelli nulla di alternativo e valido. La giornalista, allora, ha tratto le conseguenze e, con serietà, si è dimessa. Vedremo adesso come il mercato televisivo saprà valorizzarla: La7 e, soprattutto, Discovery Italia, hanno già iniziato i primi sondaggi.
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi