Un artista ineguagliabile che amalgama tradizioni e tendenze contraddittorie, trasportando modelli della scuola classica nella realtà americana con un misto di ironia, cinismo e malinconia. Lo fa attraverso un uso inimitabile e intenso della luce, elemento fondamentale nelle sue opere. Nasce così l’incanto di Edward Hopper e il suo modo di intrecciare ricordi e stranezze. Le sue opere appaiono familiari, quasi fosse un’America stereotipata da Hollywood, ma Hopper le rende astratte, spogliandole di tutto ciò che è superfluo.
Un artista è al centro del documentario di Didier Ottinger e Jean-Pierre Devillers intitolato “Hopper, la tela bianca”, trasmesso giovedì alle 19:25 su Rai 5. Proveniente da una tradizione radicata nel realismo intrinseco alla cultura americana e nutrito dall’illustrazione, Hopper si rivela il più paradossale tra i pittori realisti. Il film fa provare al pubblico le stesse emozioni, concentrandosi sulla visione delle opere senza inutili distrazioni e portando dai dipinti ai luoghi della vita di Hopper, come il suo studio a New York, quello a Truro e da Nyack a Parigi.
Basandosi su rari filmati di Hopper e su una collezione di documenti, taccuini e fotografie donati da sua moglie Jo al Whitney Museum, il documentario si avvale della testimonianza di Brian O’Doherty, amico di lunga data della coppia, oltre a preziosi filmati.