Pordenone, Teatro Comunale Giuseppe Verdi, 1-8 ottobre 2016. Il Disney ritrovato a Vienna e la censurata Nanà italiana riscoperta a Buenos Aires
Prima di Topolino c’era il coniglio Oswald che aveva molti elementi in comune con il topo che diventerà nel giro di pochi anni non solo il re assoluto dei cartoon, ma una vera e propria un’icona della cultura del Novecento. Walt Disney e il suo principale collaboratore Ub Iwerks danno già con la serie di Oswald dimostrazione dell’alto livello tecnico raggiunto e soprattutto di una vena surrealista che si manifesta nella composizione dello stesso corpo di Oswald. In Africa Before Dark vediamo ad esempio la faccia che si stacca come fosse una maschera, coda e naso che si gonfiano, un elefante in bicicletta che gli fa da balia. Il cartoon era appena uscito nel febbraio 1928 e tempo neanche una settimana Disney apprende che il suo distributore gli ha sottratto il personaggio di Oswald insieme a tutti i collaboratori dello studio. Meno, fortunatamente, il più talentuoso di tutti, quell’Ub Iwerks con il quale Disney proseguirà la sua attività e costruirà un vero e proprio impero. Ritenuto a lungo perduto, Africa Before Dark è stato ritrovato a Vienna, restaurato e presentato finora soltanto a Los Angeles e a Vienna. Alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone è in programma martedì 4 ottobre in prima serata, come sempre al Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone.
Martedì è anche la giornata di Nanà, nelle due versioni, italiana con la regia di Camillo De Riso del 1917, e francese firmata dal grande Jean Renoir nel 1926. Le dive del muto italiano degli anni Dieci hanno sempre avuto un’attrazione per la cultura francese, complice anche il fatto che la capitale del cinema era Torino. Naturale quindi che anche la creatura letteraria di Emile Zola diventasse soggetto per un film che venne affidato alla regia di un veterano quale Camillo De Riso, la cui maggiore qualità stava nella direzione degli attori, avendo lavorato con Lyda Borelli e Francesca Bertini. In Nanà si trova a che fare con una giovane attrice, Tilde Kassay, che della diva ha già vezzi e vizi. Il film era composto da tre capitoli e, per il suo contenuto scabroso, fu per un certo periodo anche proibito. D’altronde la sua uscita nelle sale era stata di poco successiva alla disfatta di Caporetto e l’atmosfera generale non era certo favorevole a spettacoli di quella natura. Fu derubricato solo dopo aver subito molti tagli e con un altro titolo, Una donna funesta, ad evitare un riferimento diretto con lo scandaloso romanzo di Zola. Si è accertato che la copia presentata alle Giornate, ritrovata a Buenos Aires, è stata montata sulla versione originale, la Nanà del 1917, e quindi la sua visione costituisce un’ottima occasione per verificare nello stesso film la difficile coesistenza di due elementi così diversi come il melodramma divistico e il crudo naturalismo del testo di Zola.
Molto più famosa la Nanà francese, terzo film di Jean Renoir, produzione costosissima finanziata anche dallo stesso regista che per riprendersi dal fallimento commerciale del film dovette vendere parecchi quadri del padre, Auguste, uno dei maestri dell’impressionismo. Come ebbe a dire nelle sue memorie lo stesso regista, Nanà fu forse fatto troppo presto perché avrebbe richiesto il colore e il sonoro. Sicuramente nel disastro pesò molto un pregiudizio antitedesco, il film era una coproduzione con la Germania, e l’interpretazione, peraltro notevolissima di Catherine Hessling allora moglie di Renoir, anti naturalista e stilizzata. Nanà è oggi da riabilitare per l’impatto visivo della messinscena e della regia che rivela già la mano di un maestro.
La giornata riserva molte altre sorprese, a partire da Three Live Ghosts, del 1922, regia dell’hollywoodiano George Fitzmaurice, il più antico film ancora esistente cui abbia collaborato – ai cartelli delle didascalie (oggi purtroppo perduti) e agli arredi –Alfred Hitchcock. Tornato alla luce a Mosca dopo decenni di attribuzioni errate, uno dei motivi di maggior interesse sta nel rimontaggio del film per adeguarlo alle direttive del regime sovietico.
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