Lo chef ricorda il giorno in cui è iniziata la sua «seconda vita»: «Ho avuto la forza di fare coming out solo dopo aver raggiunto altre certezze. Veruska mi è stata vicino e nostra figlia ha accettato con naturalezza il mio amore per Luca. Che adesso è anche il “suo” Luca»
Nella vita di ognuno ci sono dei momenti di svolta che, per la loro importanza, restano scolpiti nella memoria. Virate fondamentali verso nuove rotte, aperture a una vita che sembrava impossibile. Quella di Marco Bianchi, cuoco salutista al timone di alcuni programmi tv e food mentor della Fondazione Veronesi, è cambiata la sera che ha rivelato alla moglie Veruska di essere omosessuale.
«Le ho detto che stavo bene con lei come amico», ha rivelato in un’intervista al Corriere della Sera, «perché quello che va oltre, probabilmente, lo sentivo con un uomo». Lei lo ha abbracciato forte, nonostante il loro sogno di vita si stesse frantumando: «Dopo aver consultato alcuni esperti, abbiamo deciso di dirlo anche a nostra figlia. Le ho raccontato la verità, che voglio tanto bene a mamma, ma il mio cuore batte più forte con Luca».
Che è Luca Guidara, influencer e «coach dell’ordine»: «Lo ha accettato con naturalezza, è una bambina straordinaria: dopo un primo incontro finto-casuale, si sono visti per un gelato, una pizza, e ora è anche il “suo” Luca». Ma perché la «seconda vita» di Marco, classe 1978, è iniziata così tardi? «Sentivo di provare affetto per i maschietti ma non potevo discuterne nella mia famiglia, fortemente cattolica e priva di strumenti».
«Ricordo quando mio papà inneggiava a un documento contro l’omosessualità della Congregazione della fede, quando mia mamma chiamava “poverino” l’amico gay di mia sorella o rispondeva alla vicina che giocavo con le bambole perché mi piacevano le bambine». Insomma, il Marco Bianchi etero – condizionato dall’ambiente in cui viveva – non era quello vero: «Cosa potevo capire? Pensavo che essere gay fosse la cosa più brutta del mondo».
E invece qualcosa è cambiato: «In viaggio mi sono trovato spesso da solo, a pensare. Mi mancava qualcosa: gli apprezzamenti femminili non mi gratificavano, poi la paternità mi ha dato lo spunto finale di riflessione». E il coraggio dove l’ha trovato? «Quando metti insieme i tuoi pezzettini di vita crei un cerchio della sicurezza. E senti una forza con la quale puoi buttare giù un muro o, finalmente, ammettere di essere omosessuale».
Nicola Bambini, Vanity Fair.