Famosissimo per i ruoli di Fantozzi e Fracchia, l’attore genovese recitò anche per Fellini e collaborò col suo grande amico De André
Si è spento alle 6 del 3 luglio una della figure più importanti del cinema italiano del secondo Novecento: Paolo Villaggio. Conosciutissimo da più generazioni per la sua magistrale interpretazione del ragionier Fantozzi, il comico genovese fu però molto di più ed ebbe una carriera artistica poliedrica e ricca di collaborazioni di alto livello. Ecco, allora, 6 motivi per cui sarà impossibile dimenticarlo.
1. L’invenzione del ragionier Fantozzi
Non è un caso che il primo film della serie del ragioniere più sfortunato d’Italia è stato inserito nell’elenco delle 100 pellicole italiane del Novecento da salvare: la saga di Fantozzi è stata probabilmente l’espressione più alta del comico genovese, grazie al quale Villaggio ha saputo descrivere i difetti di un italiano medio preso tra il lavoro che non ama (quello reificante dell’ufficio, appunto), l’amore sconfinato per il calcio (come dimenticare le famose scene delle partite di pallone dell’Italia viste in tv, in cui il povero ragioniere veniva sempre interrotto?), una vita familiare che non lo soddisfaceva (è passata alla storia l’intuizione di far svolgere a un uomo, Plinio Fernando, il ruolo della bruttissima figlia Mariangela) e i desideri erotici che si incarnavano nella procace Anna Mazzamauro (ovvero la signorina Silvani). Memorabile, poi, la satira sugli intellettuali dell’epoca, sintetizzati tutti negli estimatori nel capolavoro del cinema russo di Ėjzenštejn e della sua Corazzata Potëmkin, che secondo Fantozzi era una “ca…a pazzesca”.
2. Io speriamo che me la cavo
In Io speriamo che me la cavo Villaggio – diretto da Lina Wertmüller – ha dimostrato di non essere da meno in ruoli anche drammatici, benché il film unisca il riso al pianto. In questa pellicola, infatti, il genovese interpreta il ruolo di un maestro inviato in una scuola di disperati, in cui la maleducazione dei bambini si mescola allo sfruttamento del lavoro minorile e alla descrizione della povertà di molte parti d’Italia. Un film di denuncia in cui la bravura attoriale di Villaggio è emersa integralmente.
3. Fracchia, la belva umana e la sua poltrona di pelle umana
Tra i successi indiscutibili di Paolo Villaggio c’è stato senza dubbio il film del 1981 Fracchia, la belva umana (che poi avrà un seguito), un piccolo borghese che di Fantozzi era quasi la controfigura ma che regalò alla cultura nostrana battute e scene indimenticabili, come quel “com’è umano lei!” o la famosa gag della poltrona in pelle umana. In Fracchia, poi, il comico genovese ha scritturato molti degli attori che lo avevano accompagnato nell’avventura di Fantozzi, creando una squadra di lavoro davvero affiatata.
4. L’amicizia con De André
Genovesi entrambi, Villaggio e il cantautore De André non solo si stimavano ma tra di loro c’era anche una solida amicizia, che li ha portati a collaborare alla stesura della canzone Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, uno dei brani più significativi del repertorio del cantante, così come Il fannullone. Non è un caso che Villaggio si prestò a più interviste in cui parlò dell’amico e la sua è stata inserita tra le testimonianze del documentario su Faber all’interno del programma di Rai3 Il Grande Freddo.
5. La collaborazione con Fellini e Benigni
Spesso non viene ricordato tra i suoi lavori più famosi, ma l’attore genovese fu anche un attore felliniano. Ne La voce della luna del 1989, infatti, Federico Fellini lo volle al fianco di Roberto Benigni nei panni del prefetto Gonnella, un paranoico complottista. Il rapporto tra il regista di 8 e mezzo e Villaggio fu stretto, tanto che in un’intervista realizzata nel 2012, il comico ricordava: “Fellini mi diceva: ‘A Paolé, tu non sei un attore, sei un clown, sei la risposta a tutto quello che la vita ci ha fregato‘”.
6. Il film Bracaleone di Vittorio Gassman
Impossibile, poi, non ricordare Villaggio per la sua partecipazione al film cult Brancaleone, in cui ricopriva il ruolo di Thorz, uno dei personaggi più riusciti della pellicola.
Huffington Post