Le case di produzione sono pronte a boicottare la Georgia, dove si girano film importanti, se passerà la legge restrittiva sull’interruzione di gravidanza
Black Panther e Avengers: Endgame. I due film che hanno incassato di più negli ultimi due anni hanno molte cose in comune. Una di queste è che la Disney li ha girato entrambi in Georgia. Potrebbe essere anche fra gli ultimi prodotti in questo stato perché l’amministratore delegato di Disney Bob Iger ha detto che «sarà molto difficile» girare film e lavorare in Georgia se il primo gennaio entrerà in vigore la nuova legge approvata dallo Stato contro l’aborto.
La legge è nel novero di quelle che stanno inasprendo le pene per chi pratica l’interruzione di gravidanza e diminuendo i casi in cui è lecito praticarla. La norma georgiana applicherà la regola del battito cardiaco del feto: nessuna interruzione di gravidanza se si sente il battito, cosa che di solito avviene entro sei settimane e quindi quando non tutte le donne sono consapevoli di essere incinte.
La Disney ha 92mila dipendenti qui. Molti di quelli che stanno stabilmente in Georgia o che ci vanno per le produzioni avrebbero detto che si si rifiuteranno di lavorare nello Stato se lo stato scegliere di adottare la legge definitivamente. Per la Georgia sarebbe una netta perdita economica visto che solo nel 2018 la compagnia ha girato qui 455 dei suoi prodotti. Stessa decisione per Netflix e almeno sei altri studios.
Questi gruppi hanno da anni scelti di girare in Georgia che proponeva investimenti, agevolazioni e ampi sconti fiscali (30%) per chi avesse trasferito qui le produzioni. Ora, per principio o per tornaconto (magari inducendo altri stati a proporre condizioni altrettanto favorevoli), si richiamano ai diritti. Ted Sarandos, capo della sezione contenuto per Netflix ha spiegato: «Molte donne lavorano nelle nostre produzioni in Georgia, i loro diritti, come quelli di milioni altre sono fortemente limitati da questa legge».
Attori come Amy Schumer, Ben Stiller e Alec Baldwin hanno scritto al governatore dicendo che faranno tutto ciò che è in loro potere per far lavorare le donne dell’industria cinematografica in un luogo più sicuro. Molte produzioni si sono già spostate e per altre sono state interrotte le ricerche di location. La perdita per lo stato sarebbe economica, ma anche di capitale umano. Tante delle persone preparate per lavori nel cinema lascerebbero la Georgia seguendo nuove offerte di lavoro.
Chiara Pizzimenti, Vanity Fair