LA BUTTERFLY NELL’ERA TRUMP. MESSA IN SCENA «PSICOANALITICA

LA BUTTERFLY NELL’ERA TRUMP. MESSA IN SCENA «PSICOANALITICA

Teatro dell'operaIl maestro Chailly riporta in teatro la versione originale dell’opera in una formula e anti-politically correct. Il teatro kabuki ispira costumi, movimenti e scenografieIl maestro Chailly riporta in teatro la versione originale dell’opera in una formula e anti-politically correct. Il teatro kabuki ispira costumi, movimenti e scenografie.
Cancellate con gesto zen tutte le versioni che Puccini realizzò sino al 1920, la «prima» della Scala presenterà la prima «Madama Butterfly», quella che tanto fiasco ottenne al suo esordio il 17 febbraio 1904. Benjamin Franklin Pinkerton, il cui nome rappresenta l’America ma che esistette davvero in servizio sulla USS Lancaster 1891, in questa prima messa in scena è quanto di meno politically correct ci sia: sbarca, s’ammoglia per gioco, irride i costumi di un Giappone arcaico che stava alzando la testa contro la Russia e quando torna con il suo fil di fumo manco canta «Addio fiorito asil»: prende il pupo e se ne va.
Lo aveva tratteggiato così John Luther Long nel suo romanzo, ripreso da David Belasco, ripreso da Puccini, Giacosa e Illica. E così lo riproporrà Riccardo Chailly il 7 dicembre, in due soli atti. «È doveroso dare la possibilità di riascoltare la prima versione — racconta Chailly — e riportare Puccini alla prima dove manca dalla Turandot del 1983. Con la regia abbiamo cercato di creare un teatro interiore, quasi psicanalitico, ed è forse quello che spaventò nel 1904: è una possibilità in più di conoscenza che si offre». La versione del 1904 è stata ricostruita da Julian Smith: il secondo atto durerà così un’ora e mezza. «Io penso che Butterfly segnò il passaggio del linguaggio dell’autore, superando Tosca».
Poiché questa storia del falso matrimonio organizzato dal sensale Goro è una tragedia giapponese di cui solo Cio-Cio-San è all’oscuro, «ci serviamo per rappresentarla della tradizione del teatro kabuki», racconta il regista Alvis Hermanis. «Il kabuki ispirerà costumi, movimenti e scenografie, con rimandi alla pittura giapponese: si vedranno immagini di quadri esistenti, aspetto che ci ricollega alla mostra di Hokusai a Palazzo Reale». Sarà una Butterfly a colori pastello, con abiti bianchi e intimista «perché credo che Puccini s’identificò con la protagonista, fragile, sensibile».
La sensibile protagonista è un’urugayana simpatica e disponibile: il soprano Maria José Siri, al suo debutto come Cio-Cio-San, annunciata molto brava nelle prove. Ringrazia e parla di responsabilità che vive con gioia: «ci metto anche il mio cuore come madre». Al suo fianco Bryan Hymel, che americano di New Orleans è davvero e con barba da rude tenente: «Sarò un Pinkerton con un linguaggio duro e violento verso Cio-Cio-San, e questo renderà più drammatica la vicenda». A squarciare il velo sul nome innominato che aleggia su questa messa in scena quasi premonitrice (l’America di Trump), ci pensa Carlos Álvarez, alla sua seconda «prima» di fila. «Si mette in scena una storia di colonialismo internazionale e di rapporti di forza tra uomini e donne ancora attuali. Quando ho conosciuto il risultato delle elezioni Usa non ero contento di dover rappresentare l’ambasciatore degli Stati Uniti. È una versione aspra, ma Puccini diede un’idea nuova e 112 anni dopo questa sarà la rivincita della sua prima».
Il sovrintendente Alexander Pereira più che altro ringrazia la Rai che trasmetterà l’opera in diretta su Raiuno a quarant’anni dall’«Otello» di Kleiber. Alleluja. L’ad Antonio Campo Dall’Orto, rinviene in una lettera di Puccini l’evidenza di uno sforzo divulgativo che la tv di Stato ha voluto cogliere: «Racconteremo l’opera già da prima del suo inizio». Sarà trasmessa anche in altri Paesi in circa in 500 sale.

Pierluigi Panza, Il Corriere della Sera

Torna in alto