Il diario inedito di Lino Capolicchio sul set del film Il Giardino dei Finzi Contini

Il diario inedito di Lino Capolicchio sul set del film Il Giardino dei Finzi Contini

Pubblicato da Bietti Edizioni “De Sica, io e Il Giardino dei Finzi Contini. Diario inedito del Protagonista”, è un emozionante memoir che racconta il film attraverso i ricordi dell’attore protagonista scomparso lo scorso luglio. Impreziosito da un’intervista realizzata da Nicole Bianchi, un libro che racconta una stagione straordinaria e irripetibile del cinema italiano

Ci sono attori capaci di attraversare la storia dei cinema con dedizione, talento e stile inusitati. Con un volto da giovane Arthur Rimbaud, gli occhi cerulei e i capelli color grano, abbacinano schidionate di fan di ogni età e al tempo stesso fanno esclamare a Vittorio De Sica: “Guaglio’, tu tieni talento!”. Interpreti che hanno perduto per un incidente la parte di protagonista in Profondo Rosso, ma poi recitano in La casa dalle finestre che ridono. Insomma, attori come Lino Capolicchio nato a Merano nel 1943 e scomparso a Roma nel luglio 2022. Per questo il libro De Sica, io e il giardino dei Finzi Contini. Diario inedito del protagonista, pubblicato da Bietti è una sorta di prezioso e struggente testamento. Le pagine di questo memoir, Capolicchio ne ha compilato uno per la maggior parte della propria esistenza, raccontano di quel capolavoro prima, durante e dopo la lavorazione. A intercalare la “presa diretta” di allora, l’ampia intervista raccolta negli ultimi due anni da Nicole Bianchi per CINECITTÀ SpA, a ripercorrere con sguardo fresco le tappe e i retroscena, privati e pubblici, di un’opera cinematografica che per Capolicchio – scomparso durante la lavorazione, seguita con cura gioiosa fino all’ultimo – rimane “un miracolo. Un film di una bellezza in cui ancora ti rispecchi”. 

“Sta a vedere che è stato uno scherzo”. È questa la prima battuta che pronuncia Lino Capolicchio in Il Giardino dei Finzi Contini. Tuttavia, non furono proprio una burletta le riprese della pellicola che vinse l’Oscar per il miglior film straniero nel 1972. A partire da Giorgio Bassani, autore del romanzo dal quale il film è tratto e che collaborò alla stesura dei dialoghi, della sceneggiatura per poi entrare in disaccordo con il regista e ottenere che il suo nome venisse eliminato dai titoli di coda. Senza contare che Il “Commendatore”, ossia Vittorio De Sica, non era un cineasta morbido. Last but not least, tra Capolicchio e Dominique Sanda (la protagonista femminile), i rapporti furono complicati per usare un eufemismo. Ma l’attore racconta tutta lavorazione, con una profonda leggerezza, con una ricchezza frugale in grado di trasportare, come se le pagine fossero una macchina del tempo il lettore sul set, insieme alla troupe.

La grande bellezza del diario di Lino Capolicchio risiede anche nella capacità di evocare una stagione irripetibile della cultura e del cinema italiano. E stupisce ed emozionala la sua profonda conoscenza della pittura, della musica e del cinema. Acutissime le sue riflessioni sui disegni di Alfred Kubin, sull’Otello di Giuseppe Verdi interpretato da Mario Del Monaco e diretto da Von Karajan. Per non parlare delle sue raffinate recensioni su capolavori come la Madre di Pudovkin o Intollerance di Griffith, quando ancora nel nostro paese era possibile vedere con facilità sul grande schermo gli intramontabili capolavori del cinema muto. Passando a questioni più prosaiche, ma altrettanto importanti per comprendere la complessa personalità di Capolicchio, nel libro, l’attore mette il proprio cuore a nudo parimenti a Charles Baudelaire. Da uomo che amava moltissime le donne, Lino racconta con molta onestà le sue passioni, i suoi desideri, le sue tante infedeltà e i suoi tardivi pentimenti. E tra una notte in un hotel, una pirofila di carbonara, un party e una scorribanda con Helmut Berger, sempre fornito di pillole per ogni evenienza, Capolicchio trova anche il coraggio di scusarsi con Fabio Testi (che in Il giardino dei Finzi Contini interpreta Malnate) per averlo snobbato durante la lavorazione del film. E quel bambino cresciuto con la volitiva mamma Eufemia – stesso sguardo celeste, stessa pelle algida e lucente – e l’adorata nonna Anna, una contadina abbiente con cui andava al cinema da bambino, si trasfigura nell’uomo che chiude il suo memoir con queste parole scritte a San Francisco nel 2015, in occasione della proiezione del film di De Sica al cinema Castro: “La vita è un segmento troppo breve, una stella che a volte brilla di accecante fulgore, ma troppo presto precipita in mondi infiniti”. Per fortuna esistono diari come questo ed editori come Bietti che decidono di pubblicarli. L’arte è più forte della morte. E ti sembra di vedere Capolicchio, con la bicicletta e gli abiti candidi di Giorgio, mentre trepidante cerca l’amore davanti al Giardino dei Finzi Contini.


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