Antonio Albanese racconta la sua prima fiction “I topi”

Antonio Albanese racconta la sua prima fiction “I topi”

Antonio Albanese non ha mai visto una serie tv per intero: “non riesco, penso di perdermi, come quando ti affezioni al fidanzato di tua figlia, poi un giorno di lui non sai più nulla”. Eppure con i Topi, su Rai3 dal 6 febbraio, l’attore e regista confeziona un prodotto raffinato e colto nel segno del suo stile comico inconfondibile ma alzando l’asticella. La sua prima serie tv è composta da 6 episodi di 25 minuti ciascuno, che Rai 3 trasmette in 3 prime serate (2 episodi a settimana, il sabato) – in anteprima su RaiPlay dal 2 ottobre -. I Topi dà vita a un nuovo personaggio (Sebastiano) dotato di grande ironia e gusto del paradosso, che ha il pregio di declinare comicamente il tema della mafia.
La comedy scritta, diretta e interpretata da Albanese vede nel cast Nicola Rignanese, Lorenza Indovina, Tony Sperandeo. Una coproduzione Rai Fiction Wildside, in collaborazione con Direzione Produzione TV – Centro Produzione Rai di Torino.
Un progetto, spiega Albanese, nato 3 anni fa: “guardavo in tv un documentario, quando ho visto un uomo uscire da un armadio bunker dopo 8 mesi. Ho pensato: questo qui è un imbecille”. Il regista e autore, prosegue ancora: “Sono felice di questo risultato, felice di aver incontrato persone meravigliose, a partire dalla Rai. Dopo il primo incontro con il produttore Wildside ho detto: “Mi sembra tutto bellissimo”. “Prima di girare ovviamnte mi mi sono documentato moltissimo. Così ho cominciato a scrivere la storia di quest’uomo ignorante, maschilista che vive come un topo insieme alla moglie ai figli, allo zio boss Vincenzo che ascolta Isoradio e sogna che il protagonista scavi un tunnel per lui, per un tuffo al mare in incognito, uno scherzo non da poco visto che si tratterebbe di oltre 100 chilometri di tunnel. E’ lì l’ignoranza, la follia”. “Ho narrato lo stile di vita dei latitanti di mafia, usando l’ironia e il paradosso con l’intento di far emergere il ridicolo e l’assurdità di quella condizione”.
Tunnel e cunicoli: questo è il mondo in cui si muove Sebastiano che vive in una villetta al nord: “Non gli è stato dato nessun fondamentale, è molto ignorante”. “Fa di tutto per non andare in galera, ma di fatto è in galera da anni dovendosi nascondere e non potendosi mostrare, lo credono morto”.
La comicità – dice – vuole essere anche strumento rivelatore della bestialità e dell’ignoranza delle realtà mafiose che sottraggono nutrimento e sono portatrici di gravi infezioni” come i topi.
La storia si ispira ai tanti stratagemmi adottati dai veri boss per sfuggire all’arresto e per garantirsi lunghi periodi di latitanza. Buffi e rocamboleschi nella fiction come nella realtà, dalla quale I Topi ha tratto infatti più di uno spunto, estremizzando drammaturgicamente le situazioni, rappresentando il mondo mafioso attraverso una chiave comica e un uso intelligente del ribaltamento di senso, oltre ai classici tormentoni. E proprio partendo dall’interno di quel mondo, I Topi vuole intrattenere e divertire, ma anche ridicolizzare e condannare sottotraccia i codici della criminalità, le sue colpe piccole e grandi, il malaffare, l’ignoranza, la miseria umana.
Ognuno dei 6 episodi ruota intorno al modo di essere del mafioso, comportamenti di cui il protagonista della serie è assurdamente fiero. A questo, nella prospettiva di un intreccio che ospita illuminanti risonanze e contrasti, si mescolano i problemi familiari legati alla quotidianità, i momenti intimi che di volta in volta coinvolgono i diversi personaggi. Si passa, così, dalla necessità di scoprire cosa trama il clan rivale dei Calamaru, all’osteggiato fidanzamento di Carmen proprio con il rampollo di quella famiglia; dalla bonifica delle cimici nascoste in casa dalla Polizia, dal decalogo per corrompere con successo i politici. Luogo principale dell’azione è la villetta di Sebastiano ubicata in un posto imprecisato dell’Italia settentrionale. Fornita di numerosi sistemi di allarme e di telecamere, ha un’alta recinzione in muratura e un giardino. Inoltre, sempre percorrendo scale e passaggi di vario genere, si scivola dentro un tubo che porta al nascondiglio dove da 12 anni vive lo zio Vincenzo. Altro luogo importante e suggestivo è la Stanza santa: uno spazio circolare sotterraneo con un grande tavolo ovale al centro illuminato da grandi ceri.
Lì avvengono le riunioni plenarie dei capi famiglia mafia.

Nicoletta Tamberlich, ANSA

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