I grandi del musical: Liza Minnelli, life is a cabaret

I grandi del musical: Liza Minnelli, life is a cabaret

Figlia di Vincente Minnelli e Judy Garland, è nata da vera principessa di Hollywood. Ma poi ci ha messo il suo talento, ancora oggi inarrivabile

C’era una volta Hollywood è un film, un’antologia preziosa, racconta la storia del musical della Metro-Goldwyn-Mayer. Vi partecipano tutte le stelle del genere: da Frank Sinatra a Fred Astaire, a Gene Kelly, Bing Crosby, James Stewart, Mickey Rooney. E poi le donne: Judy Garland, Ava Gardner, Elizabeth Taylor, Esther Williams, Debbie Reynolds, Leslie Caron. Nel cast ci sono molti altri artisti, perché alla Metro, allora, c’erano “più stelle che in cielo”. Ciascun personaggio racconta di se stesso e degli altri. E, certo, non esistono fonti più credibili. Io ho spesso attinto a quella fonte. In questo caso a raccontare è Fred Astaire: «Vorrei presentarvi una persona che si è unita a noi di recente. Se noi potessimo paragonarci a una dinastia reale, allora lei sarebbe certamente la nostra principessa ereditaria. Non dimenticherò mai quando, ancora bambina, stava seduta sul set a guardare suo padre, Vincente Minnelli, con cui mi accadeva di lavorare spesso. Sua madre: la favolosa Judy Garland. Tuttavia, questa ragazza si è fatta strada tutta da sola, senza aiuti: Liza Minnelli». E appare lei, che cammina su un vecchio set della major che, in quella stagione dorata, ospitava i musical.

«Il primo studio dove ho messo piede è la Metro-Goldwyn-Mayer. Che sia cresciuta qui non lo posso proprio dire, ma so che per oltre dieci anni, subito dopo la scuola, correvo come una pazza per arrivare sul set dove mio padre e mia madre lavoravano. A proposito, forse voi non lo sapete ma… proprio qui ho fatto il mio debutto. Nella scena finale dei Fidanzati sconosciuti, avevano bisogno di una bambina che facesse la figlia di Van Johnson e di mia madre e io… ebbi la parte. Certo, non mi misero il nome sul cartellone. Quindi è evidente che questo posto farà sempre parte di me. Mio padre vi ha diretto dozzine di film e mamma, questa è stata la sua casa per oltre quindici anni e trenta film. Che cosa magnifica i film, riescono ad afferrare un’interpretazione e tenerla lì per sempre. E se qualcuno vi chiede lui chi era e lei chi era e come mai tanto successo, credo che la sequenza di un film risponda a questa domanda meglio di qualsiasi parola. La mia generazione… be’, siamo ancora agli inizi. Ci vogliono un sacco di film e un sacco di esperienza e talento per diventare una vera stella».

Era il 1975 e Liza… è diventata una vera stella. Astaire dice che la ragazza non ha avuto aiuti. Certo aveva talento e non ne aveva bisogno, ma crescere in quel giro non era vantaggio da poco. Molto stretto il suo rapporto con la mamma, leggenda di Hollywood, soprattutto nel privato, perché Judy, provata da un successo che le era arrivato da bambina, non trascurava droghe e liquori, e Liza le fu sempre vicina, la assisteva, la incoraggiava. Nel 1963, a sedici anni Liza si fa notare in un contesto giusto, Broadway, nello spettacolo Best Foot, che tiene il cartellone per sei mesi. L’anno dopo è sua madre a darle un’altra chance importante in un concerto al London Palladium. È il momento “fisico” del testimone che passa dalla figlia alla madre. Ne uscirà un disco che scalerà le classifiche.

Da quel momento, per la Minnelli, solo successi e qualche trionfo. Come la madre sa coprire al livello più altro il ruolo di cantante e di attrice. Avvalli infiniti. Album in studio o dal vivo, sempre nelle hit parade, e spesso premiati coi riconoscimenti maggiori. Performance nei film sempre intense e ricordabili. Due titoli fanno parte della storia, alta, del cinema: Cabaret di Bob Fosse, del 1972, che le diede l’Oscar di attrice protagonista, e New York, New York di Martin Scorsese, del 1977, accanto a Robert De Niro. In quei film Liza cantava due canzoni a loro volta stabilmente inserite nell’antologia dei successi che hanno fatto storia. Basterebbero quelle due canzoni, fra le centinaia, a decretare la mitologia di Liza Minnelli.

rollingstone.it

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