Multa e provvisionale di 20mila euro per le allusioni sessuali in ‘A me di te’. Primo rapper condannato in Italia. La difesa: “Immagini forti essenziali nel rap”. Arcigay: “Chi si rivolge ai giovani non faccia passare messaggi omofobici”
La canzone A me di te del rapper Fabri Fibra offende la reputazione del cantante Valerio Scanu. Lo stabilisce una sentenza del Tribunale di Milano che – essendo trascorsi i termini per ogni eventuale impugnazione – può considerarsi definitiva. Il rapper marchigiano, oltre a essere stato condannato a pagare una multa, ha dovuto versare a Scanu una provvisionale (cioè un anticipo di risarcimento) di circa 20mila euro.
La sentenza ha accolto nella sostanza l’impostazione del pubblico ministero Silvia Perrucci, della procura di Milano, secondo cui Fabri Fibra “quale autore del brano A me di te inserito nel suo cd dal titolo Guerra e pace … offendeva Scanu”. Nella richiesta di rinvio a giudizio, poi accettata dal giudice, il pm elencava anche le strofe della canzone ritenute offensive nei confronti di Scanu, lanciato come artista dal talent show Amici e vincitore nel 2010 del Festival di Sanremo. Nella canzone, pubblicata nel febbraio 2013, Fabri Fibra dice di Valerio che “in realtà è una donna”. Ancora: “Gli ho abbassato i pantaloni e sotto aveva un tanga”. E nel testo sono numerose le allusioni sessuali esplicite (molto più di quelle fin qui riportate) riferite al cantante sardo. Per questo il pm ha ritenuto di accusare Il rapper del reato di diffamazione. Secondo il magistrato Fabri Fibra avrebbe offeso Scanu “facendo riferimento con scherno ai suoi orientamenti sessuali”.
L’avvocato Antonella Rizzi, legale di Fabrizio Tarducci (questo il vero nome di Fabri Fibra), nel corso del processo ha sostenuto che un linguaggio esplicito e il ricorso a immagini forti sono elementi essenziali del rap, e che contribuiscono addirittura a determinarne il messaggio e la cifra artistica. Gli avvocati Paola Castiglione e Ugo Cerruti, che rappresentano Scanu, commentano: “Le espressioni utilizzate dal cantante Fabri Fibra sono diffamatorie in maniera oggettiva, come ha stabilito il giudice. Ed è la prima sentenza in Italia che vede la condanna per diffamazione di un cantante di musica rap. La musica è libertà, ma insultare squallidamente una persona non è musica e non è arte. Ognuno è libero di manifestare liberamente il proprio pensiero, non di offendere e diffamare una persona”.
Se sul piano penale la questione è conclusa (la sentenza, emessa mesi fa, non è più impugnabile), Scanu tramite i suoi legali si riserva invece di agire im sede civile contro per ottenere un pieno risarcimento del danno che ritiene di avere subito. Per Fabio Pellegatta, presidente milanese di Arcigay, “i rapper, che si rivolgono soprattutto ai ragazzi più giovani, dovrebbero stare attenti a non passare messaggi offensivi e omofobici. L’omofobia nasce dalla non conoscenza e dal non rispetto
delle persone. Il tema non nasce di certo con Fabri Fibra. Anni fa, il tema fu sollevato sul caso di un famosissimo rapper statunitense. Il fatto di avere come interlocutori soprattutto studenti minorenni dovrebbe spingere chi canta hip hop a essere consapevole del proprio ruolo sociale, e di conseguenza evitare concetti e linguaggi che possono ferire, o indurre alcuni ad atteggiamenti violenti e discriminatori”.
Franco Vanni, La Repubblica