Dopo due anni dalla comparsa del Covid-19, risalta in modo evidente la crisi delle sale cinematografiche.
I numeri sono impietosi:
l’Italia è l’unico fra i grandi paesi europei ad evidenziare un segno negativ (-7%) degli incassi 2021 rispetto al 2020 (Francia +47,5%, Gran Bretagna +75%, Germania +20%, Spagna +45%) ed il confronto del periodo di “piena apertura” (da aprile 2021) con l’analogo periodo del triennio 2017-2019 segna un calo tra il 50 e il 60%. In termini assoluti, la perdita di fatturato complessivo (box office + concessions) del 2021 rispetto al 2019 è stata di circa 700 mil.€ e per il 2022 si stima un calo vicino al 60%, corrispondente a 600 mil.€. In questo contesto, il cinema italiano è quello più colpito ed è fonte quindi di maggiori preoccupazioni. Sono valori che mettono in discussione la sopravvivenza dell’intero sistema. È quindi arrivato il momento di interrogarsi sui possibili scenari futuri e provare a formulare proposte indispensabili ed urgenti per l’industria cinematografica italiana.
Il Governo e il Ministero della Cultura sono sempre stati vicini al settore assicurando in questi due anni gli strumenti e le risorse per affrontare dapprima l’emergenza ed in seguito per supportare la ripresa. Oggi è necessario uno sforzo ulteriore.
Sottolineare la “centralità della sala” non è uno slogan. Può apparire singolare che due grandi gruppi televisivi come Rai e Mediaset, cui fanno capo Rai Cinema e Medusa, si concentrino sulla crisi del mercato theatrical. Siamo convinti assertori della centralità delle sale non per una ragione “romantica” ma per solide motivazioni industriali e di sistema.
In primo luogo, i ricavi generati dalla distribuzione dei film nelle sale hanno sempre fornito un importante flusso di risorse necessarie al recupero degli investimenti che, è utile ricordare, comprendono la produzione e la promozione. Il successo o meno di un film in sala, poi, ha tradizionalmente rappresentato un parametro indispensabile per la valutazione (anche economica) dell’opera e un fondamentale strumento di lavoro per gli operatori del settore (broadcasters inclusi). È inoltre innegabile l’importanza che riveste l’uscita al cinema per la “visibilità”, anche internazionale, del film e dei suoi talent (registi, interpreti, figure tecniche) ed il “posizionamento strategico” nel panorama dei prodotti audiovisivi. Non è un caso che i film siano il contenuto più fruito in assoluto e quello con il più elevato valore nel tempo. Infine, occorre ricordare che il settore offre lavoro a decine di migliaia di persone tra occupati diretti e indotto.
Se tutti i soggetti coinvolti (produttori, distributori, esercenti ed il Governo) ritengono che la “centralità della sala” sia un “valore aggiunto” per la catena del valore del prodotto audiovisivo, è necessario che i prossimi interventi siano mirati verso una salvaguardia dell’esclusività della visione al cinema e verso una premialità riservata ai prodotti pensati, realizzati e distribuiti per la sala cinematografica.
Le nostre proposte per scongiurare una pericolosa deriva del sistema cinematografico italiano sono quattro.
Si tratta di interventi strutturali per il comparto che tuttavia non richiedono tempi e risorse particolari per essere implementati:
1. Cronologia. Quanto annunciato recentemente dal Ministro Franceschini,relativamente ad una finestra di 90 gg per tutti i film, è lodevole e risponde alla necessità di una regulation dopo un periodo poco chiaro per quanto riguarda la cronologia delle uscite dei film. Temiamo tuttavia che non sia sufficiente per riconsegnare alla sala la centralità che le spetta: comprendiamo che i 15 mesi adottati in Francia, seppure efficaci (basti pensare che sono 96 mil. i biglietti venduti nel 2021 oltralpe a fronte dei 25 mil. in Italia), siano difficili da raggiungere ma riteniamo che 180 giorni di finestra a protezione dell’uscita in sala siano ragionevoli e necessari almeno per i prossimi tre anni. In particolare, rispetto alla cronologia gli interventi da noi proposti riguardano: o finestre di sfruttamento uguali per tutti i film (italiani e stranieri); o finestra di 180 giorni a protezione dell’uscita in sala rispetto agli altri sfruttamenti, almeno per i prossimi tre anni (per poi tornare eventualmente ai 105 giorni ante-pandemia).
2. Tax Credit alla distribuzione. Il tax credit alla distribuzione è un intervento a beneficio del prodotto e non del distributore; non porta il pubblico nei cinema ma permette ai film di arrivare in sala forti di una buona campagna di comunicazione, presupposto essenziale per attirare gli spettatori, limitando in periodo di crisi eventuali perdite economiche. Questa misura permette di investire maggiormente sulla campagna pubblicitaria del film, assegnando maggiore visibilità al prodotto. Crediamo quindi sia opportuno prolungare per tre anni al 60% l’aliquota di questo strumento.
3. Tax credit alla produzione. Riteniamo opportuno che una distinzione vada fatta a priori tra i film per cui è prevista un’uscita cinematografica e i film rivolti ad altre modalità di fruizione. Un film per il cinema porta con sé un potenziale economico più elevato e riconducibile al lancio e alla conseguente filiera di sfruttamento più lunga e in cui ogni elemento, incluso lo star system, viene valorizzato. Per queste ragioni gli interventi da noi proposti attraverso una rimodulazione del tax credit sono i seguenti:
o Tax credit alla produzione di opere con prioritario sfruttamento cinematografico al 40%;
o Tax credit alla produzione di opere cinematografiche finalizzate ad altre modalità di fruizione rispetto alla sala, comprese quelle che utilizzano le uscite evento, al 30%.
4. Regolamentazione dell’utilizzo dell’uscita evento di 3 giorni e delle c.d “uscite tecniche”.Occorre intervenire con una regolamentazione chiara nei confronti dell’utilizzo dell’evento che, pensato per ottimizzare l’uscita di prodotti audiovisivi speciali (concerti, eventi storici, culturali e artistici), è stato purtroppo usato in questi mesi come un vero e proprio escamotage per aggirare le finestre e arrivare più velocemente agli altri sfruttamenti.
Non preoccuparsi delle performance di un film in sala significa sancire una disconnessione tra la produzione e il pubblico che dovrebbe fruire dei film. La filiera verrebbe danneggiata irreversibilmente e nel lungo periodo anche la produzione ne risentirebbe. Anche per questi motivi sarebbe auspicabile nel medio periodo un’ulteriore responsabilizzazione da parte delle piattaforme, il cui ruolo è oramai indispensabile per il comparto italiano, prevedendo un maggior impegno verso l’acquisto dei film che hanno avuto un’effettiva uscita in sala, supportando così ulteriormente la produzione e valorizzando allo stesso tempo la finestra cinematografica.La volontà di intervenire sul tema, espressa dal Ministro Franceschini, e la convergenza tra i diversi partiti politici, sia di maggioranza che di opposizione, più volte manifestata, fanno sperare che si possa arrivare in tempi brevi alla definizione di nuove misure che consentano alle imprese di pianificare le attività e gli investimenti dei prossimi mesi. Senza “punti fermi”, si corre il serio rischio di non essere nelle condizioni di programmare le uscite cinematografiche delle prossime settimane e che la crisi dell’esercizio cinematografico diventi irreversibile.
Speriamo di essere ancora in tempo per poter intervenire e consentire davvero alla sala di svolgere quel ruolo centrale che le spetta all’interno del comparto.