E se n’è andato anche Carlo Ripa di Meana. Non ha retto la morte della moglie Marina, la sua dolce metà. Aveva 88 anni. È stato un uomo di grande cultura, una personalità di spicco del socialismo craxiano nonché ambientalista integerrimo. Vogliamo ricordarlo con un’intervista di Cesare Lanza, del 2002, dove Carlo racconta la nascita e il consolidamento della sua storia d’amore con Marina.
(di Cesare Lanza per Sette, 24 gennaio 2002) Carlo Ripa di Meana, con la bonaria, affabile ironia che lo distingue, accetta di parlare senza reticenze della moglie Marina. E’ la prima intervista di una nuova “serie” di Sette: lei vista da lui. È una gelida mattinata di gennaio. Ci incontriamo in un salotto dell’hotel Minerva di Roma, dove ho già raccolto le piccanti confidenze di Anna Kanakis e Carmen Llera sulla loro vita amorosa: spero che Carlo, lo stuzzico, non sia meno disponibile. “Sarò sincero”, mi assicura nobilmente.
Allora ti prego di aiutarmi a capire il mistero antropologico che riguarda te e Marina.
E quale mistero mai?
Vi incontrate, più o meno, un quarto di secolo fa. La tua fama di maschio seduttore è dilagante. Le sue prodezze di femmina seduttiva fanno la gioia dei giornali e dei salotti. Vi mettete insieme, tutti pensano a un divertissement stagionale, e – invece – succede un miracolo: di lustro in lustro l’unione di due campionissimi della seduzione e della trasgressione “tiene”. Non è scossa da tempeste. Appare infrangibile. Com’è stato possibile?
Eravamo due poli agli antipodi. Abbiamo cercato di avvicinarci, con un certo rispetto l’uno dell’altro, provando a mantenerci diversi. Nessuno dei due ha cercato mai di evangelizzare l’altro. E nessuno dei due si è mai sentito subalterno.
Un miracolo, appunto.
Non è stato facile. Ho sempre in mente due fotografie, che rappresentano meglio di tanti discorsi il mio stato d’animo, che definirei di lieto timore, nei riguardi di Marina. Nella prima siamo sul Canale della Giudecca a Venezia, all’inizio della nostra relazione: lei è allegra, ottimista; io, con evidenza, preoccupato.
E perché?
Marina era un uragano, io temevo di essere travolto. Mia mamma, che poi invece le ha voluto molto bene, pensava che fosse squilibrata.
E nella seconda fotografia?
Siamo affacciati a un piccolo verone, ancora a Venezia: appena usciti dal letto, lei bellissima con una camicia di raso amaranto, io un po’ cisposo, sconcertato. Forse non ancora ben cosciente di quello che ci stava succedendo.
Qual è stata la qualità di Marina per riuscire a conquistarti e gestirti, giorno per giorno?
Mah. Lei è una natura incendiaria…
Fammi capire. A rischio perpetuo?
Sì.
Una mina vagante?
Sì
E dunque? Non sei scappato?
“Ho avuto mille volte la tentazione di farlo. Ma lei ti trascina in una tale passione, esprime un tale desiderio di amore da investirti e coinvolgerti senza scampo. Praticamente, è impossibile liberarsi. Hai presente il motto a Porta Pia del monumento al bersagliere?
No.
Nulla resiste al bersagliere. Ebbene, è impossibile resistere a Marina. Impossibile contenerla. Non c’è che affidarsi.
E la tua qualità, per convivere con lei, giorno per giorno?
Forse il carattere low profile, ironico, sdrammatizzante. Mai prendere alla lettera quello che dice e quello che Marina fa. Penso di averla aiutata a crescere. Il problema ricorrente è “rientrare”, dopo le sue sparate.
Anche per gelosia…
Il suo esordio fu violentissimo. Eravamo a Parigi, all’inaugurazione del centro Pompidou. Io ero presidente della Biennale, in compagnia di Michel Guy ministro della cultura e con Chirac, allora sindaco di Parigi. Al mio fianco Gae Aulenti, a cui ero legato. Arrivò Marina, gelosissima, e senza una parola mi inflisse un calcio alla gamba sinistra: mi spaccò la tibia. Sotto gli occhi di tutti.
Uno scandalo?
In primo luogo un dolore terribile. Una gamba spezzata!
Quale fu il tuo pensiero in quel momento?
Mi dissi: sono in grave pericolo. E dopo un po’ ci fu un secondo fattaccio.
Racconta.
Ancora a Parigi, nel ’77, per la presentazione della Biennale del dissenso. Io avevo avuto una storia dolce e tenera con una giornalista americana, Flora Lewis, che scriveva sull’Herald Tribune e sul New York Times…”
Alt. Ma tu stavi con Marina o con Flora?
La situazione era un po’ confusa. Flora era stata ospite nella mia casa a Venezia…
…dove convivevi con Marina?
No, con Lorenzo Capellini, un mio caro amico di allora. E la casa era un porto di mare, tutti arrivavano, si fermavano quanto volevano, ripartivano… Ed era mia ospite Flora, quando arrivò anche Marina, che immediatamente con la sua personalità prese possesso della casa. Il suo modo di affermare un dominio psicologico, di marchiare il territorio, era di girare in casa integralmente nuda, guizzando allegramente da un piano all’altro, senza problemi di pudore. Flora, puritana, era sopraffatta.
Torniamo a Parigi.
Arrivai con Marina e prendemmo alloggio in un bell’albergo, che poi cambiò nome, probabilmente per colpa nostra…
Addirittura!
Le cose andarono così. Io avevo bisogno di promuovere la Biennale e decisi di andare a trovare Flora, che aveva una bellissima casa in rue de Solferino.
Marina era a conoscenza di questo flirt?
Sapeva e non sapeva.
E allora?
Rimasi da Flora un po’ più del previsto…
Espressione elegante, ma il concetto mi sembra chiaro. E forse apparve chiaro a Marina, questo è il punto?
Quando tornai in albergo, da lontano vidi le auto della polizia, una piccola folla di persone… Pensai subito a un fatto di sangue. Il portiere mi corse incontro con le mani tra i capelli… “Madame, madame…!” Mi sentii ghiacciare il sangue! In breve, Marina aveva distrutto letteralmente la nostra camera, buttando tutto dalla finestra e dalle scale. Aveva spaccato specchi, vetri, oggetti, mobili, lampade: c’erano schegge di vetri dappertutto, e anche un lago di sangue perché Marina si era ferita, un disastro indescrivibile. Il chiasso, la polizia, le indagini… Marina aveva buttato dalla finestra anche le mie valige piene di panni. Fu una fortuna perché il lancio non aveva provocato morti e feriti, ma le valige – bellissime – non furono mai ritrovate. Rubate da qualcuno che approfittò del trambusto.
E quale fu la tua reazione?
Pensai: una donna così o si lascia o si prende. E la presi.
A fronte di quelle di Marina, da parte tua ci sono state altrettante intemperanze?
No, io sono calmo: l’elemento di equilibrio. Però una volta le tirai un paio di schiaffoni. Successe nella nostra casa a Campagnano. Durante un week end lei si esercitava intenzionalmente, da vera teppista, a contraddirmi su qualsiasi cosa. Una lenta e lunga ossessione. A un certo punto persi la pazienza e le mollai due sberle. Ricordo il suo urlo terrificante: mi hai sfondato il naso! Non era vero, naturalmente. E ricordo una specie di pantera, che mi si rovesciò addosso e mi buttò a terra: era sua figlia, Lucrezia, accorsa a difendere la mamma.
Vorrei una sintesi del vostro rapporto, capire gli equilibri creati in mezzo a queste tempeste…
Io, a Parigi e in altre occasioni, ho capito di avere una missione: salvarle la vita. Lei, senza di me, era in pericolo di vita. A parte la mia gamba spaccata, la camera distrutta, le vere ferite erano le sue… Capivo che Marina aveva bisogno di me. Io le ho dato equilibrio. E lei mi ha dato slancio vitale. Marina è sincera e diretta, come mai nessuno nella vita. Non si fa intimorire da nessuno e non arretra di fronte a niente. Io temo questo carattere. Ma allo stesso tempo sono vinto dalle emozioni che mi dà, sono assolutamente legato alla sua energia.
Dammi una definizione di Marina.
È amata e odiata. Ma tutti ammettono che lei è sincera nel bene e nel male: questo la gente lo capisce e questo spiega la sua popolarità. Rifletti: lei non ha alcun ruolo, eppure esiste nella vita pubblica, i suoi interventi destano sempre interesse perché sono veri: la sua identità, il suo carattere sono il suo ruolo. Non ha bisogno d’altro. Quando dice qualcosa, può aver ragione o sbagliare, ma è chiaro che non è frenata, non è tosata né ispirata da niente e nessuno. Io l’ho tenuta al riparo dal peggio: lei mi ha trasmesso i brividi della vita. Non ci si annoia mai con lei. Anzi, si sta sempre un po’ allertati.
Dimmi ora della tua gelosia.
È riferita al passato. Con Marina non ne abbiamo mai parlato esplicitamente, ma io sento, avverto che il vero grande amore della sua vita non sono stato io, bensì Franco Angeli. Lei lo ha amato in modo impetuoso e incondizionato. Io nella sua vita non sono riuscito ad occupare lo spazio che ha avuto Angeli.
Ma davvero ti senti secondo? Non è un messaggio astuto per farti consolare?
No. Non sono abituato a nascondermi la realtà. Da frasi, ricordi, sensazioni capisco bene la profondità del legame che Angeli e Marina hanno avuto. Per otto indimenticabili anni. E del resto era ovvio: erano giovani, bellissimi, sregolati… Lui era un grande artista, anche se si è consumato e perso, in quel giro di grandi pittori romanticamente tanto avvincente che comprendeva Tano Festa, Mario Schifano. Vedi, io riconosco il fascino, la superiorità di chi ha il dono di creare, apprezzo i valori artistici, rispetto alla passione politica. Perché, pur avendo fatto politica, non ho grande considerazione dei politici. E ho sempre cercato di frequentare artisti e creativi. E dunque mi sento secondo, nel cuore di Marina, rispetto ad Angeli. Penso che anche lei, creativa, abbia sentito sempre questa suggestione. Sentimentalmente vorrei che non fosse così, ma intellettualmente capisco che questa è la verità. E ne sono, amaramente, geloso.
Lei è sempre molto gelosa?
Direi sempre molto attenta, mi tiene d’occhio. Ricordo un altro momento che rischiava di diventare esplosivo. All’inizio degli anni ’90 eravamo in un teatro romano di avanguardia e nell’intervallo rivedo, dopo tanti anni, Annamaria Massetani…
E chi è?
Scusami: Lea Massari. Avevamo avuto una passione tra adolescenti, lei era un colibrì: lieve, fine, meravigliosa. Dopo tanti anni ci siamo rivisti e abbracciati. In mezzo a 100 persone, eh! Ma io sentivo crescere il malumore di Marina, così ho giocato d’anticipo e mi sono allontanato di colpo…
Ora una domanda, scabrosa, sorge come si dice spontanea. Scusami dunque. Ma debbo chiederti: con la vocazione trasgressiva che avevate, possibile che in tanti anni non vi siate concessi almeno qualche capriccetto?
Le storie di Marina, se vi sono state, io non le conosco. Io ne ho avuto una sola, che si è incuneata tra me e Marina, e ne do conto qui. Non eravamo ancora sposati, ci trovavamo in una bella casa in Sardegna, ospiti di amici. C’era anche una donna che mi piacque subito moltissimo, Sibilla Melega, l’ultima moglie di Feltrinelli. Nasce subito una forte attrazione, qualcosa che mi prende… Me ne vado con lei in Austria, ci rifugiamo in Carinzia, in una casa di Giangiacomo, per varie settimane. Una sorta di fuga senza spiegazioni, da clandestini. Avevo lasciato credere, se ricordo bene, di essere partito per la Spagna…”
E lei, Marina, sapeva?
Sapeva e non sapeva. Non aveva capito, ma c’era certamente qualche sospetto.
Senti, Carlo: grazie per la confidenza, ma non vorrei che, dopo tanti anni di magica resistenza, questa intervista sfasciasse qualcosa…
“Ma no. Del resto ti avevo promesso di essere sincero.
Va bene. E come finì?
Mia madre mi riportò alla ragione. Lei era una donna rigida, severa, fredda, razionale… E non aveva avuto simpatia immediata per Marina, come ho detto. Eppure mi telefonava per dirmi: guarda che Marina non sta bene… Mi turbò. Diede voce alla mia coscienza.
Tu hai molto amato le donne. A una età non più verde, a 72 anni, hai capito perché?
Rimango ghiotto della loro confidenza, della possibilità di stabilire un’intimità. Le donne sono pensieri che si muovono, un rapporto con loro non assume mai la corposità, lo spessore che c’è tra maschi. C’è qualcosa di sfuggente, revocabile. Una indecifrabile ambiguità. Questo mi affascina.
L’aspetto sessuale è stato importante?
Lo è stato e lo è, nonostante l’età.
È stato importante, con Marina?
Certamente, lo è stato e lo è. Marina è la donna che ho amato di più. Certo, in 25 anni, se non avessimo saputo giocare tutte le nostre carte, non saremmo arrivati al 2002.
In poche parole: essendo voi due campionissimi dell’amore, avete saputo tenere il fuoco acceso?
È così. Una volta era la base. Ma anche oggi non possiamo fare a meno di copulare. Le cose non vanno affatto male.
Lei potrebbe essere sostituita nel tuo cuore?
No, non più.
E tu ti senti sostituibile, nel suo cuore?
Io so che è meglio stare sempre allertato.
Hai 12 anni più di lei, Marina ha compiuto 60 anni e si sono scritte tante cose sul suo compleanno: questo è anche un tuo omaggio personale al vostro lungo amore. Ti pesa la differenza di età?
Non ho mai avvertito un problema di questo tipo.
E se Marina ti lasciasse?
Tornerei a essere un nomade, com’ero quando l’ho conosciuta.