I GIALLI ITALIANI SEMPRE PIÙ «GRIGI» PER PROVARE BRIVIDI VERI ACCENDIAMO LA TV

I GIALLI ITALIANI SEMPRE PIÙ «GRIGI» PER PROVARE BRIVIDI VERI ACCENDIAMO LA TV

Lucarelli, Robecchi & Co: l’unico mistero è come facciano a essere così noiosi

SERIE TV GIALLOQuanto saranno banali i romanzi gialli italiani? Eppure siamo un Paese affamato di cronaca nera, basta dare un’occhiata all’audience televisiva di ogni delitto.
Invece in libreria ti viene una tristezza, un magone, una claustrofobia, è pieno di commissari spompati, catafratti, fatti con lo stampino, che girano in tondo pagina dopo pagina sul solito omicidio banalissimo, oppure peggio, pontificano.
Tra le ultime uscite c’è Carlo Lucarelli, con Intrigo italiano (Einaudi), dove torna il suo cavallino di battaglia, il commissario De Luca, per mettersi sulle tracce dell’assassino della moglie di un professore annegata in una vasca da bagno, e vabbè. Il tutto avviene negli anni Cinquanta a Bologna, «una città coperta di neve in cui i tram scampanellano sulle rotaie e la gente affolla i ristoranti per i tortellini di Natale», e è subito noia. Allora tanto vale vedersi il tenente Colombo.
In alternativa esce anche il giallo di Alessandro Robecchi Torto marcio (Sellerio), con un imprenditore ucciso a colpi di pistola, guarda te cosa si è inventato questo autore immaginifico: il ritorno del terrorismo! Con molta sociologia spiccia sparsa qua e là, tra cui ampie descrizioni di una Milano «quasi centro, eppure periferia» piena di poveri e immigrati su cui magari vorrebbe far riflettere invece di sbadigliare.
Non ci sono commissari in Robecchi, in compenso rimedia subito Valerio Varesi, con Il commissario Soneri e la legge del Corano (Sperling & Kupfer) dove a morire è un giovane tunisino e bisogna scoprire non solo chi è stato, ma quanto pesano un sacco di cose, troppe: «Quanto pesano le questioni etniche e il radicalismo religioso, quanto pesa la politica, e quanto pesa invece la dimensione criminale e in primo luogo il controllo del mercato della droga?». Pesa che il giallo sembra un monologo di Gad Lerner.
E queste sarebbero le stelle, perché nelle stalle del sottobosco editoriale non c’è di meglio, al massimo l’investigatore Quirico di Francesco Accardo, indagine farraginosa piena di elementi diabolici e spiritismo nel romanzo Il caso Galli, sottotitolo Investigatori dell’incubo volume 1, cioè purtroppo ci sarà anche un volume 2. E sorvoliamo sulle indagini dell’avvocato Guerrieri di Gianrico Carofiglio, o sugli infiniti Montalbano di Andrea Camilleri, sempre la stessa zuppa scaldata e riscaldata, e pensare che basterebbe dare un’occhiata a Netflix, copiare da The Bridge, da Broadchurch, da Le regole del delitto perfetto, da Sherlock o da River. I migliori autori di gialli sono gli sceneggiatori americani. O, per carità, autori come Patricia Cornwell, che pur inzuppando sempre la stessa Scarpetta ha comunque talento da vendere.
Oppure sarebbe sufficiente prendere spunti reali, basta accendere la tv, e la realtà supera sempre la fantasia, almeno la fantasia degli autori italiani di thriller, dove l’unico mistero è come facciano a scrivere sempre lo stesso libro con gli stessi ingredienti, una cosa da brividi. Invece, per esempio, raccontare la vicenda di Alberto Stasi, o qualcosa di simile, condannato ma con molti dubbi, che milioni di italiani hanno seguito e di cui ognuno ha più o meno un’idea: colpevole o innocente. Oppure la tragedia moderna di Tiziana Cantone, suicida per essersi ritrovata su siti porno i propri video, la crudeltà nell’era di internet, e anche qui ci vorrebbe uno sforzo di psicologia, la capacità di vivisezionare la banalità del male.
Oppure, ancora, quel triangolo feroce dell’omicidio di Luca Varani, con due ragazzetti annoiati di buona famiglia che prima di ucciderlo lo torturano e lo fanno a fette, e cercare, da scrittori, o quantomeno da autori di romanzi, di indagarne le ragioni, la follia, anziché improvvisarsi sociologi dei fenomeni sociali da neorealismo con i risultati di cui sopra. Perché se tanto mi dà tanto, poi non chiedetevi come mai sono tutti attaccati a Chi l’ha visto?, a Barbara D’Urso o a Quarto grado. Sono più interessanti di un giallo.

IL GIORNALE

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