Serata inaugurale scintillante all’Ariston, diciamocelo (direbbe Ignazio La Russa), soprattutto grazie a Fiorello. Un Fiorello capace di nuovo di infiammare il pubblico e di fare un’operazione catartica sul virus. Il suo ingresso, termometro alla mano, la sua gag con le mascherine bocca a bocca tra Ama e il direttore di Rai1, i suoi monologhi fatti di battute costruite come solo un ex animatore di villaggi turistici sa fare, restano la pennellata di un Pinturicchio su un quadro anche quest’anno ricco di colori.
Dall’orchestra, di cui si parla sempre poco, alle luci, alle donne, ancora protagoniste, quest’anno, grazie ad una Ornella Muti in grande spolvero e ad una prima donna in sala – la moglie di Ama – nel suo vestito tutt’altro che anonimo e di rara efficacia televisiva.
I cantanti, se togliamo il vecchio ma sempreverde Morandi, ed i già affermati giovani in coppia con Blanco stavolta, per la verità non hanno fatto impazzire. Le performance sono sembrate entro le righe, anche se ci aspettiamo molto da Noemi, dotatissima come sempre a livello canoro. E Achille Lauro? Dopo una settimana di indiscrezioni sul suo eventuale abito alla Renato Zero, eccolo a torso nudo, stratatuato e basta.
Cosa resta alla fine: Matteo Berrettini, senza palline e racchetta, ma in tutta la sua rara bellezza di ragazzone romano; i ritmi sfrenati del pubblico sulle note dei Meduza; le apparizioni di Raul Bova e Nino Frassica e, da sottolineare, la rievocazione di Battiato, maestro scomparso ma vivo più che mai nei nostri cuori.
E, dulcis in fundo, le lacrime di Damiano, frontman dei Maneskin, gruppo che spacca e che Ama va letteralmente a prendere con la macchinetta elettrica acchittato da chauffeur.
Damiano, assurto a vip assoluto, è e resta uno di noi. E la sua commozione lo dimostra. Ma la sorpresa di fronte a quell’emozione non c’è, perché chi lo conosce bene sa che i sogni di questo ex liceale del Montale, in via di Bravetta, a Roma, partono da lontanissimo, come quelli dei compagni di band. E’ stato capace, Damiano, di rinunciare davvero a tutto per fare quel che fa. Soprattutto a frequentare le lezioni. Ha messo una pietra tombale sui libri per fare quel che fa. Altro che dad!
La notizia non sono le sue lacrime, ma il senso di rivincita che sta dietro a quell’immagine. Una rivincita su una società che, famiglia permettendo, lo ha sempre spinto a mollare, a lasciar perdere, a non andare verso la sua vera immagine, ma piuttosto lo ha incoraggiato a vivere nell’ombra del suo riflesso. Lo stesso che, spesso, riserviamo ai nostri figli. Sono lacrime di rivincita, quelle di Damiano, lacrime che sgorgano dal coraggio. Il coraggio di una scelta che, come non comprendere, è stata vincente. Alla faccia di chi gli vuole e gli ha voluto male!