“Non avevo idea di arrivare così avanti nella serie. All’inizio avevo fatto il provino per un’altra parte che non vi dirò, ma avevo capito subito che sarebbe stato un progetto molto bello e ambizioso”. Lo ha confessato l’attore irlandese Liam Cunningham, il Ser Davos di “Game of Thrones” (Il Trono di Spade), uno dei personaggi più amati di una delle serie tv più seguite al mondo. A Firenze, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio (“è stupefacente qui, una sala così tutta per me”), ospite del Wired Next Fest, l’attore ha parlato dell’evoluzione del suo personaggio, anticipando che a metà ottobre inizieranno le riprese della stagione finale (forse trasmessa nel 2019).
Fra l’altro il suo personaggio, Ser Davos Seaworth, è cambiato molto nell’arco dei vari episodi: “Nell’ultima stagione è stato trattato in modo molto divertente. Il rapporto con Jon Snow in particolare è molto giocoso e umano” racconta l’attore. “Prima il mio rapporto principale era quello con Stephen Dillane, l’interprete di Stannis Baratheon: lui è un attore di straordinario talento, ma il rapporto fra i nostri personaggi era ovviamente più freddo, problematico”.
Ma perché il personaggio di Ser Davos ha un così grande successo fra il pubblico? Cunningham ha la sua teoria: “Lui è un po’ la bussola morale della serie, è un personaggio utile anche per il pubblico per fare un po’ di ordine fra il bene e il male”. In qualche modo è anche un’eccezione: “Ci sono pochi personaggi così, per esempio quello di Samwell Tarly: sono persone sane in mezzo a tutti quei pazzi, servono per dire ciò che è giusto e sbagliato e gli spettatori li apprezzano per questo”.
A volte, in effetti, identificarsi con i personaggi della serie non è facile: “Io apprezzo molto che gli autori abbiano creato personaggi molto forti per ragazze giovani e minute, come Lyanna Mormont o anche Arya. Ma prendete Arya, ad esempio: molte giovani donne mi dicono che la prendono come modello, ma pensateci bene. È una psicopatica, una serial killer che ha una lista di persone che vuole uccidere!”
Ma questa è veramente una delle caratteristiche più peculiari di “Game of Thrones”: “Tutti i personaggi sono scritti con grande profondità, anche le comparse”, ammette l’attore. “Gli showrunner, esattamente come George RR Martin, hanno un grande talento nella scrittura, una grande umanità ma anche un che di morboso”.
A proposito di George RR Martin, Cunnigham ammette una sua piccola défaillance: “Non ho mai letto i libri, ogni volta che vedo George cerco di evitarlo perché ogni volta mi domanda a che punto sono”, scherza lui. “Ma, poiché pretende da me un resoconto di lettura, al prossima volta gli dirò che li inizierò solo quando lui avrà finito l’intera saga”.
In effetti la serie Hbo finirà molto prima delle pubblicazioni letterarie: “A malincuore lascerò Firenze domani per andare al Comicon di New York e poi tornare brevemente a casa in Irlanda”. Ed ecco la grande rivelazione: “Alla fine della prossima settimana inizieremo la lettura dei nuovi copioni della stagione finale e probabilmente attorno al 16 o 19 ottobre inizieranno le riprese”.
Quando vedremo dunque in onda l’ottava e ultima stagione? “Non posso dire nulla, l’ultima volta ci ho azzeccato e mi hanno sgridato” dice ridendo Cunningham. “In ogni caso posso solo prevedere che, considerando i tempi di riprese e postproduzione, non riusciremo sa vederla in tv prima del 2019”. Allo stesso modo Ser Davos parla molto cautamente sul suo futuro: “Ma perché continuate a chiedermi della mia morte? Chiedetemi piuttosto come sarà quando finirò io sul Trono”, scherza.
Infine una considerazione sulla qualità delle serie tv di oggi, che a volte supera i confini in passato delimitati dal cinema: “Il cinema è un’industria gigantesca con le sue dinamiche, la televisione è invece ancora incentrata su autori e sceneggiatori”, spiega l’attore irlandese. “Probabilmente è una questione di budget: nonostante Game of Thrones sia una delle serie più costose di questi anni non raggiunge minimamente i soldi investiti in alcuni film”. Questione di libertà e sperimentazione: “Nei film per attirare il più grande pubblico possibile abbassi la qualità. In tv si può invece ancora osare con coraggio”.
Paolo Martini, Adnkronos