L’opera prima della talentuosa attrice è un’acuta ed emozionante riflessione sulla realtà che ci circonda, tra smart working, relazioni virtuali e ricerca della forma fisica perfetta
Quante volte nella vita capita di ripetere a se stessi di “andare avanti”? Spesso l’impressione di riuscirci è solamente un desiderio che la nostra mente ci impone di perseguire. Ma se, invece, ci accorgessimo che non ci siamo mai mossi dal punto in cui eravamo? Se fossimo rimasti fermi e intrappolati in quella realtà dalla quale non riusciamo ad evadere?
Affrontare ciò che ci blocca è l’unica chiave per rimettere in moto la nostra vita. È da questa metafora che nasce TAPIRULÀN il film che segna l’esordio alla regia di Claudia Gerini, che ne è anche interprete. Prodotto da Stefano Bethlen per Milano Talent Factory in associazione con Attitude e Big Tree Movie Entertainment. Il film arriva su Sky Primafila Premiere. a partire dal primo agosto
TAPIRULAN, LA TRAMA DEL FILM
Emma (Claudia Gerini) è una counselor, ha superato i quarant’anni, vive da sola, non cerca una relazione stabile, né una vita sociale. La casa è il suo rifugio dal mondo e dal passato, dal quale scappa da venticinque anni. Ogni giorno corre sul suo tapis roulant mentre risponde alle videochiamate dei clienti che la contattano tramite l’app di e-counseling per la quale lavora. Ma mentre aiuta a sbloccare le vite degli altri, la sua resta immobile. Inchiodata a una orrenda notte di tanti anni prima. E così, ogni giorno, Emma corre. Restando ferma. Un giorno, inattesa, arriva una chiamata da parte della sorellastra, Chiara (Claudia Vismara), della quale non aveva più avuto notizie. Le dice che il loro padre sta morendo e che lei potrebbe aiutarlo con una donazione di cellule staminali. Ma Emma non ne vuole sapere: ha chiuso con la sua famiglia quando a diciotto anni se ne è andata di casa. Chiara insiste, vuole recuperare il rapporto con la sorella maggiore finalmente ritrovata e cerca di convincerla a fare almeno il test di compatibilità. Ma Emma la liquida dicendo che odia suo padre e quella famiglia che lui si è rifatto dopo la morte di sua madre. Mentre cerca di prendere la decisione più importante della sua vita, Emma continua a correre e rispondere alle videochiamate. Ma ormai i fantasmi del passato sono tornati a bussare prepotenti alle sue porte. Mai come ora, si rende conto che se non affronterà i suoi demoni, non potrà andare avanti. Anche il suo rendimento lavorativo comincia a risentirne, come le fa puntualmente notare Marco (Fabio Morici), il suo supervisor: Emma non è più lucida come è sempre stata e sta empatizzando troppo con i suoi clienti. Quelle consulenze si stanno trasformando infatti in un percorso di autoanalisi, nel quale ogni interlocutore sembra inconsapevolmente fornirgli un riflesso del suo dolore, e una spinta per trovare il coraggio di scendere dal tapis roulant della sua vita e ricominciare a correre davvero. Fra tutti, il ruolo decisivo per farle compiere quel passo tocca a Lorenzo (Stefano Pesce): un padre amorevole che ha tentato il suicidio, perché distrutto dalla morte della figlia adolescente, della quale si sente responsabile. Quelle due solitudini, entrambe chiuse in un proprio vuoto, trovano un canale per toccarsi attraverso lo schermo di quel tablet. Ed è proprio a lui che Emma racconta per la prima volta cosa le è successo tanti anni prima…
TAPIRULAN, LE PAROLE DI CLAUDIA GERINI
“Dirigere TAPIRULÀN, ed esserne allo stesso tempo la protagonista, è stato un lavoro complicato e molto impegnativo soprattutto per una prima regia. Il grande trasporto che ho sentito per il personaggio di Emma mi ha dato coraggio e, con energia ed entusiasmo, ho potuto sperimentare e creare un mondo all’interno della casa. La grande sfida era quella dì rendere dinamico e vivace il racconto per immagini, poiché Emma rimane per tutto il film sopra una macchina imponente, dialogando con i suoi pazienti/clienti sempre e solo attraverso uno schermo. Ho cercato dì sfruttare al meglio questi “impedimenti” e queste difficoltà, cercando di muovere il più possibile le inquadrature e facendo in modo che la partecipazione emotiva dì Emma verso i problemi dei suoi pazienti/clienti fosse davvero forte, oltre a rendere “tangibile” la sua empatia attraverso i suoi occhi e i suoi respiri. Il rischio era che lo spettatore si “stancasse” di vederla sempre correre, quindi era necessario alternare molto la velocità di andatura e, soprattutto, creare un rapporto di grande reciprocità con il tapis – roulant, come fosse un amico della protagonista, una zattera di salvataggio sicura. La location ha giocato un ruolo fondamentale . Non avrei potuto girare in nessun altro posto questo film! Volevo uno spazio grande e vuoto e avevo bisogno dì vetrate a tutta parete che dessero su un parco. Volevo creare la contraddizione di una donna che si rinchiude in casa, in una vita riservata e solitaria e di una dimora completamente esposta verso l’esterno, verso il mondo fuori, come se questo mondo da cui lei si protegge, entrasse prepotentemente in casa sua ed, Emma, ne “fruisse” solo e sempre attraverso il vetro, come uno schermo dì un gigantesco tablet. Ho recitato sempre con lo schermo spento davanti, con Fabio Morici, autore e attore, dietro allo schermo che mi dava le battute. Ho girato la parte dei pazienti/ clienti nella seconda parte delle riprese e ho amato moltissimo dirigere i miei attori che hanno dato autenticità e verità ai personaggi. Durante le quattro settimane della lavorazione ero sempre in scena, mi sono seduta raramente nella postazione regia, controllavo solo l’inquadratura. Non amavo riguardare la scena e, comunque, non avrei mai avuto il tempo dì controllare ogni ciak, dato che duravano parecchi minuti, quindi, quando “sentivo” istintivamente che la scena era buona, andavamo avanti. Fondamentale ovviamente l’aiuto dì tutti, specialmente il DOP Beppe Gallo e la montatrice Luna Gualano che è stata ogni giorno con me sul set.”