Dal 10 al 12 agosto nelle sale, poi su Sky, il film di Maurizio Zaccaro su una delle vere storie di migranti vissute dal dottore di Lampedusa. Lo interpreta Sergio Castellitto
“Ho vissuto quasi tutta la vita a Lampedusa, la mia isola, che mi manca tantissimo. Come il mare e la mia famiglia allargata.
Guardando il film ho ripensato ai miei dubbi, alle volte in cui, di fronte al corpo di un bambino morto in mare, pensavo di non farcela.
Quante volte, in trent’anni, mi sono chiesto se avrei potuto fare di più. Ma mi è anche sembrato di aver fatto bene e sono orgoglioso”. Pietro Bartolo, 64 anni, è un europarlamentare ma è soprattutto il medico di Lampedusa. Sergio Castellitto lo interpreta in Nour, il film di Maurizio Zaccaro presentato al Torino Film Festival e ora in uscita nelle sale con Vision Distribution, il 10, 11 e 12 agosto, e dal 20 su Sky.
Al centro della storia c’è Nour, una bambina siriana di dieci anni che ha attraversato il mare da sola e ora vuole ritrovare sua madre.
Il medico di Lampedusa se ne prende cura, cerca di ricostruire il passato della ragazzina, il suo presente, cerca di darle un nuovo futuro. Una vicenda vera che è nel libro Lacrime di sale che raccoglie ricordi ed esperienze dello stesso Bartolo. Protagonisti sono i migranti, gli abitanti dell’isola, i pescatori, una giornalista e un fotografo.
Dal primo barchino con quattro disperati a un’onda di 350 mila esseri umani. Il medico, figlio di pescatori, è stato il grande soccorritore a Lampedusa nell’era dello sbarco dei migranti. Il mondo ha conosciuto la sua storia grazie a Fuocoammare, il documentario di Gianfranco Rosi. Perché, ora, un film? “La nostra è un’altra storia – spiega Zaccaro – qualcosa che Bartolo teneva per sé e che poi ha scritto in Lacrime di sale, nato dopo il film. Un libro piccolo ma vasto, con i ricordi d’infanzia, il padre pescatore, la finta estrazione con i biglietti su quale dei sei figli sarebbe andato all’università (su tutti i biglietti il padre aveva scritto il suo nome), quando a 12 anni era caduto dalla barca ed era stato a un passo da affogare, sentendosi probabilmente come uno dei migranti che rischiano di essere inghiottiti dal mare. E tanti dettagli del suo crescere e farsi uomo a Lampedusa. Quindi una storia diversa dalla realtà scottante raccontata nel doc di Rosi”.
“Per me era fondamentale l’autenticità della messa in scena e la credibilità dell’interpretazione – continua il regista – avevo bisogno di attingere alla materia prima che era Pietro. La storia di Nour lui l’ha vissuta. Ho visto la foto della consegna della bambina alla madre a Lione, non a Lampedusa come raccontiamo nel film, ed è straziante”. Bartolo spiega perché, nell’altro suo libro Le stelle di Lampedusa aveva scelto la storia di Nour tra quelle dei bambini raccontati: “Perché pur nel dolore ha un lieto fine. Racconta la possibilità di ricongiungersi alla madre e ancora oggi hanno una nuova famiglia. Malgrado il dolore per la perdita del padre vanno avanti”.
Zaccaro ha avuto grande cura di non trasformare Bartolo in un eroe, “mi sono ricordato una frase scritta sul muro al Palazzo di vetro dell’Onu, è del filosofo persiano Sa’ di Shiraz, che è l’essenza del lavoro di Bartolo: “Tutti i figli di Adamo formano un solo corpo. Quando il tempo affligge con il dolore una parte del corpo, le altre parti soffrono. Se tu non senti la pena degli altri non meriti di essere chiamato uomo”. “Sono una persona normale – rivendica Bartolo – aiutare chi ti chiede soccorso è un obbligo e se questo significa essere eroi significa che la nostra società è malata, che siamo alla frutta”.
La scelta di Castellitto è stata naturale, “non volevo una maschera – continua il regista – ma Sergio è riuscito pienamente a cogliere l’essenza di Pietro. Anche perché si è calato in ogni dettaglio”. Il film è pensato per i giovani “che oggi sono incantati dalle sirene e che spero capiscano che cosa significa essere umani. Nel film c’è una scena in cui la bambina guarda la foto di una sua coetanea a Auschwitz.
Non paragono l’Olocausto nel mare a quello nei campi di sterminino. Ma dico che l’indifferenza di ieri è identica a quella di oggi. Ed è una frase di Liliana Segre. Il mio non è un film politico, parla di umanesimo”. Bartolo crede che “il film, come prima il documentario, come i libri, mi hanno aiutato a far conoscere la sofferenze di queste persone, a farle vedere non come alieni ma esseri umani. A un certo punto sono entrato in politica perché ho capito che erano la politica e l’Europa che dovevano dare risposte. Sono stato votato da 270 mila persone e devo rispondere a loro: credo nella buona politica, arte nobile e non cattivo comportamento”.
Il film è dedicato a Ermanno Olmi. “Quarant’anni di lavoro insieme – ricorda Zaccaro – l’ho sentito due giorni prima della morte, parlava con un filo di voce. Sapeva le difficoltà in cui stavo lavorando, pochi finanziamenti, poco tempo, una storia e un’isola complicate. Mi ha detto: Maurizio, ricordati che ogni film ha una sua dignità. Ho cercato di dare più dignità possibile a questa storia, ai personaggi, a Castellitto e Bartolo e soprattutto a Ermanno, pensando: adesso ti faccio un film che avrà una sua dignità”.
Repubblica