2017, l’anno del video on demand

2017, l’anno del video on demand

Rapporto ItMedia: la tv via internet à la carte crescerà del 16% medio di qui al 2020. Per Netflix & co. è oro l’analisi dei gusti degli abbonati

È arrivato il momento: anche nelle aree come il Sud Europa, Italia compresa, dove finora il video on demand è stato una parte residuale del mercato della tv a pagamento, Netflix e gli altri cominceranno a crescere a un ritmo sostenuto. Passeranno dall’essere complementari rispetto alla pay tv tradizionale a metterne in crisi il modello.
L’anno della svolta, secondo il nuovo rapporto di ItMedia Consulting in uscita la prossima settimana, è proprio il 2017: oggi il video on demand vale 4,25 miliardi di euro nell’Europa Occidentale e crescerà del 16% medio all’anno fino al 2020 quando supererà quota 6,7 miliardi.
I motivi della crescita sono molteplici: un cambiamento nelle abitudini di consumo dei contenuti da parte del pubblico, l’esplosione dei servizi di streaming video sui dispositivi mobile, l’incremento della penetrazione della banda larga e ultra-larga, lo sviluppo delle offerte ad altissima definizione (4k e 8k), ma anche un nuovo approccio da parte dei broadcaster tradizionali anche loro ormai attrezzati per far fronte alla competizione dei nuovi player.
Il principale segmento di questa crescita è in particolare il cosiddetto Svod (subscription video on demand). All’interno del video on demand, infatti, si trovano diversi modelli di business: lo Svod su abbonamento mensile come accade con Netflix, Amazon, Hulu, Now Tv, Infinity, Tim Vision, Vodafone e così via; il Transactional video on demand in cui si acquistano i singoli contenuti come con Chili tv o l’iTunes di Apple (ma si acquistano singoli contenuti anche con alcune delle offerte citate prima); e infine l’Avod, advertising video on demand, tipico di attori come YouTube.
Ebbene, lo Svod vale nel 2017 2,664 miliardi di euro nell’Europa occidentale ma crescerà del 22% all’anno fino al 2020 arrivando a 4,861 miliardi ovvero più dell’attuale totale del Vod.
«Il Vod nei prossimi anni raggiungerà una dimensione via via più importante», ha commentato Augusto Preta di ItMedia Consulting, «se si pensa che tutta la pay tv vale attualmente circa 20 miliardi.
Per far ciò però i servizi Vod dovranno sviluppare forti modelli di fidelizzazione dei clienti rispetto alla pay tv tradizionale. Con abbonamenti mensili, infatti, trattenere il cliente che può annullare l’abbonamento quando vuole è altrettanto importante che trovarne di nuovi. Per questo gli operatori dovranno spingere sull’utilizzo dei big data, i dati sulle abitudini dei clienti con i quali poi decidere l’offerta e soprattutto fornire le raccomandazioni personalizzate su cosa guardare. Aspetto importante, poi, la possibilità che i servizi di telcos e over the top includano anche lo sport».
L’utilizzo dei dati sulle abitudini dei propri abbonati, secondo il rapporto, è un grande vantaggio per gli operatori di video on demand. L’esempio che ormai fa scuola è quello di House of cards. Netflix al momento di comprare le prime due stagioni della serie ha sbaragliato le offerte di Hbo e Amc con un’offerta da 100 milioni di dollari. Un grosso investimento, ma fatto sapendo che questa serie sarebbe stata un successo fra i propri abbonati sulla base di quello che avevano visto e gradito in precedenza. Netflix era sicura sia che House of cards avrebbe attratto nuovi clienti sia che avrebbe trattenuto quelli vecchi in attesa delle nuove stagioni.
Ma l’utilizzo dei big data non si è fermato qui. La società li ha usati anche per la campagna di marketing una volta acquisita la serie: ha realizzato 10 differenti trailer ciascuno tagliato su target di spettatori diversi ed essendo un servizio online ha potuto mostrare a ciascun abbonato il trailer che meglio rispondesse ai suoi gusti. Risultato: 2 milioni di nuovi abbonati nel primo trimestre del 2013, un incremento del 7% rispetto al trimestre precedente.
Ora, si pensi che Netflix così come l’altro gigante Amazon hanno oltre 100 milioni di membri a livello globale che generano dati sui propri gusti in continuazione. Dati che aggregati indicano la strada da seguire sui contenuti e disaggregati il modo di colpire e fidelizzare il singolo utente. Niente di paragonabile alla tradizionale rilevazione degli ascolti televisivi.

Italia Oggi

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