il primo composto interamente da inediti. È un viaggio sonoro composto da undici tracce dal sapore internazionale che arriva dopo la partecipazione al 74esimo Festival di Sanremo con Capolavoro, a coronamento dei 15 anni di carriera del trio: Ad Astra è un vero e proprio abito fatto su misura, cucito sulle tre distinte e complementari personalità di Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble. È un progetto discografico unico nel suo genere, nato da un intenso lavoro condiviso con un eccezionale team composto da alcuni dei più importanti autori e producer.
Partiamo dal titolo che avete diviso in due, Per Aspera è l’incipit e Ad Astra la conclusione. Nella mitologia greca era riferito agli eroi, i soli che potevano salire nell’Olimpo. Perché questa scelta e che storia ha l’album?
È il riferimento mitologico della vita. Anche Virgilio lo ha nominato. Solo col sacrificio si raggiungono grandi risultati e questo è il messaggio di fondo. Volevamo trasmettere un contenuto oltre l’amore retorico e anche chi siamo diventati in questi anni, la forza del gruppo: siamo uniti e forti.
Il primo album di inediti celebra anche i 15 anni di carriera: cosa vi ha spinti a questo progetto? Di solito per le ricorrenze si tende a restare in comfort zone.
Una questione di ambizione, lo siamo nel personale e ancora di più nel professionale. Prima non avevamo niente da dire se non le grandi esperienze che ci ha donato la vita. Ora siamo maturati come persone e come artisti e possiamo mandare messaggi e dare contenuti con un senso in primis per noi. Da qui la voglia di uscire dalla comfort zone.
Siamo “pezzi di miracolo per un destino”: credete nel fato, a questa forza ineluttabile? Per tornare alla mitologia. Di destino parlate anche ne Il Mondo all’Incontrario.
Qui abbiamo evidenziato tre percorsi diversi e con Ad astra esprimiamo non solo vocalità ma pure pensieri. Un brano dà la risposta all’altro, parla di quel mondo ideale che è pura utopia. Per noi il senso è nella quotidianità, nelle piccole cose di Opera. Non dimentichiamo il distinguo destino-uomo fato-divino. Il passato non può intaccare il presente. Noi ci siamo trovati nello stesso posto al momento giusto, poi certo la sorte va aiutata: occorre impegno nelle cose che fai.
Capolavoro è stato l’unico brano in gara al Festival che parlava di un amore unico: perché secondo voi oggi si tende a raccontare amori in crisi, che finiscono e a volte addirittura tossici e non quelli che sono favole?
Chi fa questa musica sa che i giovani vogliono essere ascoltati per le loro sofferenze. È autenticità. La musica è farsi ascoltare, nulla di male anche se racconti un amore tossico e doloroso. Noi in questa fase cantiamo l’amore puro che è quello che stiamo vivendo.
Frammenti di Universo è anche una testimonianza di fragilità, penso a quando dite “siamo sorrisi che resistono alle lacrime”: ma possiamo o no “fidarci di noi”?
Dipende da quanto ci conosciamo. Bisogna mettersi sempre in dubbio perché quella è l’umiltà. La presunzione porta a un danno nella vita. Il dubbio è il miglior lavoro che si può fare su se stessi per poi arrivare a fidarsi.
“La nostra storia è una sfida, il giorno diciamo ti amo quello dopo è finita”: dove è finito l’apostrofo rosa tra le parole ti amo? È così stretta la strada per l’infinito? È così difficile essere “aquiloni che sfidano l’altezza”? Anche ne Il Mondo all’Incontrario si sta “in piedi su filo, per altro”.
Siamo in un mondo così frenetico che mette troppo a disposizione dunque è normale che tutto sia appeso a un filo. Qualsiasi elemento porta al dubbio, ci sono tante distrazioni. Siamo precari perché non pronti a impegnarci, una relazione senza fiducia e serietà non va avanti. Prima i guai te li cercavi ora arrivano da soli. Il dolore si nutre dell’amore che nutre il senso della vita, non forzi la mente ad amare qualcuno. Non siamo eremiti.
Dove nasce la melanconia testuale di Opera? Sento questa sensazione anche se “la vita è bella come un’opera”.
Parliamo dell’opera come arte: l’opera è melodramma, dolore, è il racconto della città e della cultura italiana.
Un pugno di stelle in tasca è niente o è meglio di niente in un mondo dove ancora a volte ci domandiamo perché siamo venuti al mondo?
Questo brano Piero e Gianluca sono i poli opposti e la via di mezzo è Ignazio. La sola risposta possibile resta il dubbio.
Obiettivo del 2024 è attraverso la vostra musica “vincere la felicità”?
Riconoscere cosa ci rende felici non è un traguardo, è una via che va trovata: per Totò la felicità è attimi di dimenticanza. È esprimere te stesso per non essere un eterno infelice.
Vi chiedo di parlarmi del tour: visto che è celebrativo come lo costruite e come lo armonizzate con i vostri precedenti album. Inoltre sarà lo stesso che nel 2025 vi porterà Oltreoceano?
I primi tre concerti in programma all’Arena di Verona sono parte di un programma televisivo mentre il quarto sarà un concerto nostro. Resteremo in Italia per l’estate e da ottobre in gireremo in Europa e poi in altri continenti. Ma saremo in Cina e Giappone già la prossima settimana.
Infine una curiosità: avere tutto programmato almeno fino al 2025 vi mette ansia? Che rapporto avete col tempo?
C’è un nostro libro, Quello che portiamo nel cuore, dove ci raccontiamo in modo molto intimo: il problema del tempo è che vorremmo giornate di 100 ore! È bello sapere che hai lavoro ed esperienze che ti stanno aspettando, ma da ambiziosi ti diciamo che vorremo già definita l’agenda del 2026!