L’insofferenza verso gli immigrati del metodico Mario Cavallaro, che da tempo si macera nel vedere il suo piccolo mondo milanese stravolto dall’invasione di nuove etnie, esplode quando un baldo senegalese si piazza davanti al suo negozio di calzini, rubandogli i clienti con articoli dozzinali venduti a prezzo stracciato. Deciso a sbarazzarsi del concorrente, Mario escogita il piano di rapirlo e ricondurlo in Africa: applicato su scala nazionale, non sarebbe questo il miglior modo per risolvere il problema degli extra comunitari? Sulla carta si prospettava graffiante il paradosso del «razzista perbene» che, sobbarcandosi il compito di riportare a casa l’ospite indesiderato, si innamora della di lui presunta sorella. Ma alla quarta regia Antonio Albanese (anche protagonista) si impantana nelle sabbie di un’inconcludente favoletta on the road, nel corso della quale il misantropo smantella le difese rivelando il suo volto umano, anzi umanitario. Il che poteva pure funzionare se il copione si fosse preoccupato di sviluppare un minimo i caratteri invece di limitarsi a inanellare aneddoti.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa