Gli anni belli: un coming of age tra amore e politica ambientato nel cruciale 1994

Gli anni belli: un coming of age tra amore e politica ambientato nel cruciale 1994

Opera prima di finzione di Lorenzo d’Amico de Carvalho, Gli anni belli debutterà nei cinema italiani il 7 febbraio distribuito da Bendico, e i suoi autori e il suo cast lo accompagneranno in un tour città dopo città, pronti a incontrare il pubblico che vorrà recarsi in sala per andarlo a vedere

Estate 1994. Elena, 15 anni, rimandata settembre in greco viene strappata dalla riunione del collettivo cui sta prendendo parte dal padre, che il greco lo insegna: assieme alla mamma è arrivato il momento di partire. Destinazione: il campeggio di sempre, quello in cui vanno da anni, sempre loro, sempre uguale. All’arrivo una sorpresa: il campeggio ha un nuovo direttore, uno che vuole stare al passo coi tempi, uno che l’ha ribattezzato “Bella Italia” e ha voluto dare al tutto una patina di efficientismo ottimista mirato a produrre fatturato.
Elena, da adolescente pasionaria qual è, si opporrà a questo modello di gestione, supportata da un gruppetto di nuovi amici dallo stile di vita e d’abbigliamento chiaramente “alternativo” cui ha dato a bere di essere più grande di quel che è, e dovrà fare allo stesso tempo i conti con gli inevitabili tumulti del cuore e con le regole di genitori che non sempre si accorgono di come e quanto sia cresciuta. Mentre loro, mamma e papà Adele e Eugenio, dovranno fare i conti con le esigenze di una coppia che deve imparare di nuovo a vivere una vita, anche intima, senza figli di mezzo.

Tutto questo avviene in Gli anni belli, opera prima di Lorenzo d’Amico de Carvalho, discendente da una famiglia che col cinema ha molto a che fare e che al cinema ha dato molto, qui alla sua prima regia cinematografica di finzione dopo tanto teatro, tante sceneggiature, alcune esperienze in campo documentario.

Un’estate tra politica e sentimenti

Cercavo una storia per il mio film d’esordio ed è stata mia moglie Anne Ritta Ciccone, con cui avevo già scritto un film con cui mi trovo bene sul lavoro così come nella vita, a tirare fuori dal cassetto un soggetto che stava lì da un sacco di tempo, è che ho subito ritenuto ideale,” spiega d’Amico, che del film è stato non solo regista ma anche co-sceneggiatore, montatore e produttore.
“Era un soggetto che avevo scritto dopo il mio primo film, nato dal ricordo della mia ultima estate passata in campeggio assieme ai miei prima che divorziassero,” dice Ciccone. “Questa è una commedia, e da regista non è un genere che ho portato avanti, un po’ perché mi affidavano progetti diversi, un po’ perché, confesso, da regista la commedia è un genere che mi diverte meno di altri. Parlando con Lorenzo del suo esordio, conoscendo bene i suoi testi teatrali, il modo in cui gestisce gli attori, il grande e innato senso per la commedia all’italiana che possiede, mi è tornato in mente e glielo ho proposto. Glielo ho donato facendolo sentire libero di svilupparlo come meglio credesse, perché so benissimo che un film è sempre del suo regista.
All’inizio la storia è quella di coming of age sentimentale, ma il punto centrale della storia è la voglia della protagonista di essere riconosciuta come adulta: non solo dai suoi genitori, ma anche dai suoi pari. In più io ci ho messo dentro l’elemento politico, qualcosa che ha sempre caratterizzato la mia vita, specie a quell’età”, aggiunge d’Amico, che ha trattato con la stessa dose d’ironia sia le velleità berlusconiane dei nuovi gestori del campeggio dove si ambienta il suo film, sia le velleità barricadere e contestatrici di Anna e dei suoi amici, di cui vengono bonariamente prese in giro le contraddizioni insite nel loro essere a tutti gli effetti dei borghesi.
In questo, Gli anni belli sembra ricordare vagamente un film come Ferie d’agosto di Paolo Virzì, ma nell’esordio di d’Amico con mancano echi del Sapore di mare vanziniano, e anche di qualche sua successiva filiazione indiretta; come quella di quel prodotto, quello sì, puramente berlusconiano che è stato il televisivo Professione vacanze con Jerry Calà.
E, proprio come i Vanzina, anche d’Amico ambienta la sua storia in un passato che non è solo “mitico” ma assume valenze più ampie dal punto di vista della storia e del racconto.

Gli anni belli: ovvero i Novanta

“Gli anni Novanta sono gli anni della mia adolescenza”, spiega il regista, “quindi avevo un contatto diretto con quell’epoca: la mia onestà intellettuale mi fa dire ‘io questo conosco e di questo posso parlare’. Quando sei adolescente ti costruisci una tua controcultura e un tuo modo di comunicare, e quando che quando vedi degli adulti che lo vogliono raccontare c’è sempre della distanza e del pregiudizio. I meccanismi emotivi e i sentimenti dell’adolescenza sono sempre gli stessi in ogni epoca, ma se io racconto l’adolescente di oggi, il suo sguardo sul mio racconto sarà inevitabilmente critico. Allora ecco che portare questa cosa in un periodo storico che non li aggredisce è un buon metodo per togliere di mezzo questo problema. In più il 1994 è un anno cruciale della nostra storia, rappresenta una nuova adolescenza della nazione, un momento pieno di energia e di incognite, proprio come quello che vive Elena.
E ancora, spiega Lorenzo d’Amico de Carvalho, l’ambientazione d’epoca ha aiutato molto a “creare un microcosmo staccato da tutto come oggi non sarebbe possibile: perché con internet e gli smarphone e tutto il resto una 16enne di oggi non si sente isolata se portata in vacanza in un luogo del genere e lontana dai suoi amici, e grazie a tutte le possibilità di contatto che ha grazie alla tecnologia alla fine ha anche meno necessità di creare contatti e relazioni lì dov’è, questioni sentimentali a parte”.

Il cast: parlano Romana Maggiora Verano e Maria Grazia Cucinotta

Gli anni belli è stato girato in diversi luoghi, ricreando il campeggio “Bella Italia” mettendo assieme diversi campeggi del sud Italia, spesso isolati e dalle connessioni telefoniche traballanti: e quindi anche per il cast si è venuta a creare una situazione d’isolamento simile a quella di una volta e dei protagonisti che raccontano. Un cast che vede la giovane Romana Maggiora Vergano, in questi giorni anche in tv, su Sky, nel cast della serie Christan, nei panni di Elena, e Maria Grazia Cucinotta e Ninni Bruschetta in quelli dei suoi genitori.
“Sono uscita dal provino convinta che non avrei ottenuto la parte”, racconta Vergano, “perché il mio viso ricorda quello di un’adolescente ma sono molto alta e ho forme abbastanza pronunciate, e dimostro tutta la mia età. Il caso ha voluto che nel film Elena si spacci per più grande, e allora quindi forse la mia fisicità mi ha portato fortuna. Mi sono molto ritrovata in quel che Elena dice e in come lo dice: l’ho sempre sentito naturale. Anche io ho una tendenza alla polemica, all’aggressione verbale, al seguire un istinto quasi animale”.
Maria Grazia Cucinotta racconta di essersi sentita “molto contenta, emozionata nel leggere la sceneggiatura, perché si parla di pezzi di vita che sto vivendo io stessa in quanto madre di un adolescente. C’è tanta verità in questo film, che parla dell’adolescenza, del crescere dell’affrontare il mondo anche in modo incosciente, ma che parla anche dei rapporti di coppia, di coppie adulte con figli che devono fare i conti con la perdita della complicità, e con  paura del tempo che passa, e con un’intimità da riconquistare. Mi piaceva quindi il ruolo di madre e l’affrontare il problema di una coppia che cresce. Questo film racconta tante verità, passate e presenti che servono a farci riflettere”.

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