DRAGON BALL, IL RITORNO DEL MANGA UN FENOMENO CON INCASSI MILIONARI

DRAGON BALL, IL RITORNO DEL MANGA UN FENOMENO CON INCASSI MILIONARI

A quasi 20 anni dall’ultima produzione originale arriva su Italia 1 (ogni giorno alle 13.45) «Dragon Ball Super», il primo anime inedito dal 1997 quando finì «DB GT»A quasi 20 anni dall’ultima produzione originale

dragon-ballIl suo nome — Akira Toriyama — dice nulla alla massa. Ma è il Maradona del manga, il Fellini degli anime, ovvero uno che ha rivoluzionato il mondo dei fumetti giapponesi. Un faro, un ispiratore. La sua creatura più celebre invece — Dragon Ball — dice molto: 240 milioni di copie vendute in tutto il mondo che ne fanno il terzo manga di sempre per volume di vendite. A cui aggiungere le versioni animate (da cui per sommi capi la distinzione tra il manga, ovvero il fumetto, e gli anime, i cartoon) e tutto l’indotto del merchandising legato alla serie: giochi di carte collezionabili, action figure, videogiochi.
Simbolo della saga è Goku, il protagonista con il suo casco di capelli neri arrabbiati, appuntiti come fossero lame rotanti e che nel tempo cambiano colore, prima biondo leonino, quindi tra il blu e il turchese, di nuovo scuri. Nato nel 1955, fulminato sulla via dei manga dalla Carica dei 101 ancora ragazzino, Akira Toriyama si iscrive in una delle scuole più prestigiose di disegno industriale di Tokyo, lavora per due anni come progettista di poster, ma sente che il suo estro viene limitato dai rigidi schemi della produzione industriale. Si licenzia e avvia la carriera di «mangaka», che a noi occidentali — sarà la «k» — evoca subito storie di arti marziali. Che poi è il succo di Dragon Ball, un manipolo di amici che vanno in cerca di sette sfere magiche e intanto affrontano a colpi di onda energetica i numerosi nemici che minacciano la pace dell’universo. Perché ti piace Dragon Ball? La sintesi di un ragazzino di 10 anni è lapidaria: «Hanno i poteri e se le danno di santa ragione».
Toriyama è un perfezionista: «Già poco tempo dopo averli realizzati, reputo i miei disegni eseguiti male. Dopo soli sei mesi, trovo che lascino molto a desiderare, e negli originali a colori di solito trovo molti difetti immediatamente dopo averli colorati». Un’irrequietezza che è anche nel carattere: «Quando decido di fare qualcosa, mi ci dedico completamente, ma mi annoio subito. Vorrei essere capace di disegnare sempre con lo stesso stile, però non mi piace lavorare sempre allo stesso modo; mi stufo». Ora a quasi 20 anni dall’ultima produzione originale è arrivato su Italia 1 (ogni giorno alle 13.45) Dragon Ball Super, il primo anime inedito dal 1997 quando finì Dragon Ball GT. Un lavoro — quest’ultimo — che non soddisfa — tanto per cambiare — Toriyama («mi sono lamentato per la qualità della serie animata televisiva»). In questo lasso di tempo il creatore di DG è stato più volte strattonato per rimettersi lavoro, infatti aveva smesso per «andare avanti con la vita» nonostante la resistenza della casa editrice che vedeva svanire un introito milionario e un manga dalle caratteristiche uniche.
Goku è raro nel suo genere, perché in un fumetto non si vede spesso l’evoluzione del protagonista, la cui immagine solitamente rimane fissa nel tempo, senza invecchiare: invece Goku nasce come un bambino con la coda da scimmietta, che diventa padre responsabile e addirittura nonno. Dragon Ball nel 1995 fu il primo manga pubblicato in Italia a mantenere l’impaginazione originale nipponica, con senso di lettura da destra a sinistra. Quello che poteva sembrare un azzardo, ebbe invece l’effetto opposto, quello dell’intuizione geniale, perché i giovani lettori si sentirono partecipi di un’esperienza unica e mai vista, che li rese ancor più coinvolti nelle avventure dragonesche. Un altro aspetto che lo contraddistingue è aver applicato il meccanismo dei videogame alla storia: «Ogni avversario da superare, ogni sfera da recuperare, agli occhi degli spettatori diventano una sorta di «livelli» di un lungo, colossale videogioco fruito collettivamente — ha spiegato Matteo Stefanelli, docente di Linguaggi audiovisivi all’Università Cattolica di Milano —. La «giocabilità» di Dragon Ball non a caso si è poi estesa, negli ultimi quindici anni, a tante occasioni di interazione fra bambini impegnati nel duro «lavoro» di fantasticare scontri e battaglie con i propri amici, usando come supporto sia frasi e parole d’ordine che giocattoli, pupazzi o carte».

Renato Franco, Il Corriere della Sera

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